Un nuovo tassello si aggiunge all’inchiesta che coinvolto i due ex magistrati di Trani Michele Nardi e Antonio Savasta. L’imprenditore pugliese Francesco Casillo, secondo quanto riportato da Repubblica, ha raccontato alla Procura di Lecce di aver pagato i due magistrati per la scarcerazione dei suoi tre fratelli, arrestati nell’ambito di alcune sulla loro attività imprenditoriale.

In totale, stando a quanto detto dall’imprenditore, avrebbe pagato in totale 550mila euro, ottenendo ad ogni versamento la scarcerazione di uno. Casillo grosso importatore di grano, era stato arrestato nel 2006 nell’ambito di una indagine condotta da Savasta, mentre Nardi era il gip che convalidò l’arresto, con l’accusa di aver comprato grano contaminato da sostanze cancerogene. Dopo la risonanza nazionale, l’imprenditore fu assolto dalle accuse nel processo. I suoi fratelli furono arrestati per un’altra inchiesta, riguardante alcuni terreni sequestrati per reati ambientali.

Dopo il sequestro dei terreni, l’imprenditore ha ricordato che fu avvicinato da una persona, legata ai due magistrati, che gli suggerì di nominare un determinato avvocato, ma lui rifiutò. Successivamente la procura di Trani fece sequestrare un carico di grano che Casillo e altri sei imprenditori avevano comprato dal Canada, ritenendolo tossico. Dopo qualche giorno Casillo fu arrestato e il pomeriggio un amico di famiglia fu avvicinato da emissari dei magistrati che lo avvisarono dell’arresto dei tre fratelli per l’inchiesta dei terreni, suggerendo sempre di rivolgersi da due avvocati detti da loro.

Una volta arrestati i fratelli, un amico di famiglia si rivolse a uno dei legali indicati che gli spiegò che il costo per lòa scarcerazione dei tre era di 250mila euro a testa. Casillo ha spiegato che il legale non disse mai chiaramente che i soldi sarebbero arrivati ai due magistrati. La prova che al pagamento sarebbero stati scarcerati arrivò con il versamento della prima somma. La sorella di Casillo, dopo poche ore dall’arresto, fu scarcerata. Secondo quanto riferito da Casillo, fu contrattato il pagamento di 400mila euro a nero, più 150mila euro fatturati.

“A ogni versamento – continua l’imprenditore –  dopo poche ore tiravano fuori un fratello”. Quando si andò avanti col procedimento penale, Casillo ha raccontato che il suo avvocato conclude Casillo – rischiavo 12 anni di carcere ma firmai un patteggiamento per 3mila euro di multa. Savasta tenne l’accordo nel cassetto per due anni, ma poi il giudice lo rifiutò: se davvero avevo avvelenato mezzo paese, scrisse il magistrato, come potevo cavarmela così?”. Visto che il patteggiamento non era andato a buon fine, si celebrò il processo e Casillo venne assolto.