Nelle prime ore di questa mattina la Digos della Questura di Bari e di Foggia, in collaborazione con la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, ha arrestato a Foggia un 60enne di origine egiziana con la cittadinanza italiana, Mohy Eldin Mostafa Omer Abdel Rahman. L’uomo è accusato di far parte dell’Isis, è presidente dell’associazione culturale “Al Dawa”, sita nel capoluogo dauno, dove ha trovato ospitalità il foreign fighter ceceno Eli Bombataliev, arrestato il 5 luglio 2017 sempre dalla Digos della Questura di Bari nell’ambito dell’operazione “Caucaso Connection”.

L’uomo deve rispondere anche di apologia del terrorismo, aggravata dall’uso di mezzi informatici. Sposato con una donna italiana, Vincenza Barbarossa, di 79 anni, dava lezioni di religione ai bambini nel centro culturale islamico a Foggia. A incastrarlo alcune pubblicazioni su internet e le indagini svolte dalla Digos, Nnlle indagini sono state eseguite perquisizioni domiciliari e personali anche su altre tre persone.

Le indagini hanno consentito di ricostruire le navigazioni web a contenuto apologetico del soggetto nei social network, ambito in cui l’indagato fin dal 2015 ha esaltato le azioni violente dell’ISIS. Inoltre, è stata ampiamente documentata l’abbondante disponibilità di materiale propagandistico proveniente dagli organismi ufficiali di informazione dell’Isis, comprovante la sua adesione al gruppo terroristico, come ad esempio video degli appelli di Al-Baghdadi ed alcuni filmati contenti immagini di bambini, arruolati dall’Isis, mentre compiono azioni violente.

Le investigazioni della Digos hanno evidenziato anche l’azione di indottrinamento da parte di A.R nei confronti di giovanissimi di seconda generazione, finalizzata a suscitare la loro adesione all’ISIS, che lo stesso teneva all’interno dell’associazione.

Tale ultima evidenza, unitamente agli accertamenti finanziari condotti dal GICO della Guardia di Finanza di Bari che hanno portato alla luce una sproporzione tra le fonti di reddito lecite e le entrate effettive dell’arrestato, hanno indotto il PM titolare delle indagini a procedere al sequestro preventivo della sede della “AL DAWA” e di tre conti correnti, il tutto per un controvalore complessivo stimato in circa 370 mila euro.

Gli accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle baresi sono scaturiti da una segnalazione di operazioni sospette a carico dell’egiziano e di sua moglie, che hanno consentito di rilevare in capo all’uomo una disponibilità economica sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati, nel periodo dal 2011 al 2017.

L’ipotesi è che l’Imam possa essersi procurato le disponibilità attraverso la così detta “zakat” (una sorta di raccolta fondi), personalmente operata nell’ambiente dei soggetti di fede islamica frequentatori della moschea “AL DAWA”, gestendo il denaro accumulato in maniera poco trasparente.