L'incendio nel Gran Ghetto di Rignano Garganico, in provincia di Foggia. (foto Ansa)

La Procura di Foggia esclude al momento che sia di natura dolosa il rogo divampato nella notte tra il 2 e il 3 marzo nel gran ghetto di Rignano, in cui sono morti due migranti del Mali. Lo spiegano all’ANSA fonti inquirenti che rilevano che sulla vicenda è stata avviata un’indagine per incendio colposo e omicidio colposo plurimo a carico di ignoti.

L’ipotesi che l’incendio possa essere stato doloso – a quanto si apprende – non è mai stata avanzata ai pm foggiani né dai Vigili del fuoco, né dalle altre forze di polizia intervenute sul posto.

L’ipotesi al vaglio degli inquirenti è che le fiamme siano divampate da una stufa o da un fornello, che i migranti lasciano solitamente accesi durante la notte a causa delle basse temperature. Il pm inquirente ha disposto le autopsie, inviando gli avvisi ai parenti delle vittime, che hanno la facoltà di nominare loro consulenti per partecipare all’esame autoptico da eseguire nelle prossime ore.

Le vittime si chiamavano Mamadou Konate e Nouhou Doumbia e avevano rispettivamente 33 e 36 anni. A identificarli sono stati altri migranti del ghetto, che hanno riferito i loro nomi alla polizia. Una delle due vittime, Konate, è stato trovato disteso su una brandina, carbonizzato. L’altro è stato trovato nei pressi dell’uscita della baracca. Probabilmente si deve essere accorto di quanto stava avvenendo e ha tentato di mettersi in salvo, ma non ci è riuscito.

Quando si è sviluppato il rogo, che in pochi minuti ha avvolto numerose baracche, sul posto erano già presenti i vigili del fuoco, che hanno operato per ore per domare il fuoco sviluppatosi all’interno del Gran Ghetto, i carabinieri e agenti di polizia che stavano presidiando l’area dopo lo sgombero cominciato il 1 marzo.

L’incendio, che ha distrutto in breve tempo un centinaio di baracche di legno, si è sviluppato improvvisamente e con violenza, grazie anche al forte vento che ha alimentato le fiamme e ha reso difficile le operazioni di spegnimento. Il rogo ha anche provocato l’esplosione di numerose bombole di gas che venivano utilizzate nelle baracche per alimentare stufe e cucine.

Il Ghetto è abitato da alcune centinaia di migranti impegnati nella raccolta dei prodotti agricoli nelle campagne della zona. Tre giorni fa era cominciato lo sgombero da parte delle forze dell’ordine disposto dalla Dda di Bari nell’ambito di indagini avviate nel marzo del 2016 e culminate con il sequestro probatorio con facoltà d’uso della baraccopoli per presunte infiltrazioni della criminalità.

Lo sgombero non è avvenuto totalmente, perché alcuni dei 350 migranti che erano nella baraccopoli si sono rifiutati di lasciare il ‘Ghetto’. Avantieri mattina alcuni di loro – circa 200 – hanno protestato davanti alla prefettura di Foggia, ribadendo di non voler lasciare il Ghetto e chiedendo di parlare con il prefetto.