Quanto è lontana Triggiano da Brindisi? Politicamente quasi nulla, pur nella grande diversità socio-antropologica e geografica, naturalmente. In entrambe le cittadine, infatti, possiamo dire che sia stato celebrato il funerale del PD e del suo modo di fare politica e di organizzare il consenso.

A Triggiano, per esempio, il partito di Renzi (e di Antonio Decaro e di Vitangelo Dattoli) disponeva, sulla carta, di una vera e propria corazzata, temibile e armatissima, che poteva contare sulla una volta suffragatissima pupilla di Francesco Schittulli, quella Anita Maurodinoia, famosa più per i cambi di casacca che per il suo programma politico. Un nido intrecciato di interessi e di nomine (Adisu, Policlicnico, Città Metropolitana) che sembrava poter garantire un successo rapido e sicuro ad Adolfo Schiraldi, per il quale il PD e tutto l’apparato di liste civetta si è speso direttamente massicciamente.

E invece, al primo turno vince Antonio Donatelli, trascinato alla vittoria da liste civiche talmente diverse fra loro da indurre in confusione più di un osservatore. Ciò che conta è che, fra quelle liste, ce n’è una vicinissima a Raffaele Fitto e ai suoi Conservatori e Riformisti, che, pur di spezzare il monopolio Piddino-udc, ha votato insieme ai vendoliani. Essere potenti e prepotenti, evidentemente, a Triggiano non basta più per vincere le elezioni amministrative.

A Brindisi, sta succedendo più o meno la stessa cosa. Qui però si va al ballottaggio e il 19 giugno potrà succedere di tutto. I due contendenti sono entrambi sostanzialmente centristi, e nessuno dei due ascrivibile direttamente al PD. Analizzando i voti ricevuti dalle singole liste, è facile vedere come il PD abbia praticamente gli stessi voti presi dalle due liste di sinistra, escluse dal ballottaggio, e che senza l’apporto determinante dei popolari di Massimo Cassano, al ballottaggio ci sarebbe andato qualcun altro.

Insomma, il potere non controlla più i voti. La moderna partitocrazia, che sembra aver fatto a meno dei partiti, serve solo a conservare se stessa e i suoi stretti accoliti. La logica è quella dei clan, né più né meno: io vengo eletto e nomino mio marito, mia moglie, mia sorella, mio cugino, da qualche parte. Il potere bada solo a sopravvivere e non a distribuire risorse nella società. Il Pd pugliese non è da meno, rispetto a questa logica. E l’asfitticità di questa posizione adesso sta pagando i primi dazi.

Il Partito di Renzi, di Decaro e di Emiliano, oggi deve chiedere aiuto ai centristi, sia a Roma sia nelle periferie. Ma, come nel caso di Triggiano e di Brindisi, può non bastare, specie mentre da un lato cresce l’astensionismo e dall’altro l’autoreferenzialità del potere lascia fuori dalla politica il bene comune.