L’inchiesta sulla facilitatrice di Bitonto, e i suoi attestati per operatori socio sanitari “falsi” a fronte del pagamento di 3mila euro e 200 di caffè a piacere, continua.

Dopo la testimonianza di Marisa, Maira e Antonio, a parlare questa volta è Maria Teresa. “Quando ho fatto domanda per lavorare in una casa di riposo, ho controllato i documenti e tutto quello che avevo – racconta -. Sono andato in cartoleria per fotocopiarli, ma mi hanno detto che erano già stati fotocopiati e da lì ho iniziato ad insospettirmi. Ho chiamato l’ente a cui era intestato l’attestato e mi hanno detto che la firma era di un medico deceduto due anni fa”.

“Io ho pagato 3mila euro per il primo corso, accudivo la mamma della facilitatrice e il caffè per questo non me lo ha fatto pagare – continua Maria Teresa -. Poi ho anche pagato 1800 per un secondo corso”.

E qui la storia di Maria Teresa si intreccia con quella di Marisa, Maira e Antonio. “Ho frequentato il corso online tramite tablet a casa sua – afferma -. Dall’altro lato dello schermo c’era un signore, con capelli rossi e accento campano. Anche l’esame l’ho fatto online e lei mi ha aiutato con suggerimenti”.

“Non mi sarei mai aspettata questo comportamento da lei, ma dietro c’è tanto altro e ha colpito tante persone”, conclude Maria Teresa. La facilitatrice è anche accusata di aver diffuso video di persone disabili su WhatsApp a terze persone senza l’autorizzazione della struttura per cui lavora e men che meno dei familiari, anche nel caso di minori, ed è stata licenziata in tronco dalla cooperativa in cui lavorava e denunciata alla Procura della Repubblica, dopo la nostra inchiesta giornalistica che si arricchisce episodio dopo episodio di nuovi particolari.