Il tentativo di mettere Pietro D’Amico in cattiva luce, denunciandolo per comportamento anti sindacale è naufragato. L’Asl di Bari, che aveva convinto un sindacato a procedere come previsto dal cosiddetto articolo 28, ha perso malamente su tutti i fronti. I giudici hanno dato ragione su ogni posizione a Pietro D’Amico e al suo legale. Era abbastanza noto che il piano A per il defenestramento di D’Amico sarebbe dovuto essere la sua incapacità a gestire i rapporti coi sindacati. La sconfitta processuale, infatti, avrebbe consentito al socio unico della Sanitaservice di puntare i piedi.

La sentenza che riguarda Pietro D’Amico – dicevamo – è relativa all’articolo 28: ovvero quando un datore di lavoro adotta comportamenti che impediscono o limitano l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale o del diritto di sciopero. In pratica un ricorso che si fa quando un’organizzazione sindacale si vede lesa il diritto di svolgere la propria attività.

Il ricorso è relativo alla formazione del personale che D’Amico avrebbe curato e veicolato attraverso l’unica società presentatasi all’avviso pubblico, associata ad un ex senatore della repubblica. Alcuni giornali avevano cavalcato l’onda facendo passare Pietro D’Amico come un cattivo amministratore. Il retroscena è curioso. Il sindacato in fin dei conti non avrebbe avuto alcun reale interesse a ricorrere, ma le pressioni della Asl hanno convinto a portare D’Amico in giudizio. L’avvocato scelto per presentare ricorso, infatti, non era uno di quelli a cui il sindacato si rivolgere per le sue vertenze, ma uno vicino al direttore generale della Asl di Bari.

Un altro aspetto interessante, evidentemente avendo compreso la macchinazione, è rappresentato dalla circostanza che il giudice non ha condannato la Fials al pagamento delle spese legali in favore della Sanitaservice Asl Ba perché il Direzione Generale, in modo assolutamente sconsiderato, fatto fuori l’avvocato di riferimento, ha deciso di non sostituirlo con altri lasciando andare deserta l’udienza. Un altro tassello nel mosaico della decisione già stabilita e senza apparentemente alcun valido motivo di cacciare Pietro D’Amico ben prima della scadenza del suo mandato.