Torniamo a parlare delle vicende che riguardano Telenorba e tutto il gruppo di Conversano. Lo facciamo perché, stando a quanto siamo venuti a sapere, esisterebbe un documento depositato presso l’Ispettorato Provinciale del lavoro in cui, nero su bianco, sarebbe stata denunciata una pratica che riguarda i dipendenti dell’emittente satellite Videopuglia, per stessa ammissione dei Montrone in atti firmati dagli stessi in passato.

Dalla lettura del Bilancio al 31 dicembre 2016, infatti, emergerebbe come Videopuglia, in liquidazione, starebbe vendendo i suoi gioielli, ovvero gli impianti e le attrezzature, accumulando nel frattempo un debito di circa un milione di euro nei confronti di Telenorba, facendo evaporare così tutto il patrimonio. In questa operazione, Videopuglia ha anche tentato di licenziare 23 lavoratori alle proprie dipendenze e si sarebbe conclusa la procedura di licenziamento, se non ci fosse stata la opposizione dei dipendenti conclusasi con la successiva e immediata riassunzione a Telenorba.

Proprio questo passaggio, formalmente ineccepibile, rischia di far saltare il coperchio dalla pentola a pressione. Sì, perché, stando a quanto dichiarato dagli stessi lavoratori all’ispettorato, sebbene sulla carta fossero alle dipendenze di Videopuglia e da questa pagati, nella realtà dei fatti avrebbero lavorato regolarmente proprio per Telenorba. A sostegno della tesi, agli atti risulterebbe il contratto di affitto per la sede di Videopuglia: una soffitta di appena 16 metri quadrati, senza nemmeno bagno e luce, in cui far stare tutto e tutti.

Fosse accertata la prassi, i soci di minoranza avrebbero almeno due motivi per saltare sulle sedie. Il primo, ovviamente, è il fatto di aver pagato qualcuno che in realtà lavorava per altri. Stipendi, contributi, tfr, tutte voci di spesa che hanno influito sul passivo di Videopuglia e su quello che comporta alla fine dell’anno, quando si tratta di fare i conti sui dividendi tra soci.

Il secondo, ben più grave, è la consapevolezza che quei 23 dipendenti “solo sulla carta” hanno partecipato all’erogazione dei fondi pubblici percepiti dall’emittente. Il rischio, quindi, è dover restituire quanto percepito, a scapito dei diretti concorrenti.