Acqua, caffè, panini, tramezzini, snack di ogni tipo. All’ospedale San Paolo comandano gli abusivi. Con il carrello del supermercato pieno di snack e bevande entrano ed escono dagli ascensori riservati al personale o quelli per le emergenze. Raggiungono i reparti ed entrano anche fuori dall’orario delle visite. Te li ritrovi con la testa affacciata nelle stanze a chiedere a pazienti e parenti se serve qualcosa.

Non solo. La cosa che più meraviglia, nonostante il cartello autorizzi l’accesso al solo personale autorizzato, te li ritrovi nel corridoio del pronto soccorso, mentre a mogli, mariti e figli in ansia viene impedito di assistere il proprio congiunto. Il San Paolo è un ospedale allo sbando, dove a quanto pare non si riesce a risolvere il problema storico, esattamente come per gli abusivi del parcheggio.

Quando non girano liberamente nell’ospedale, anche in luoghi in cui l’accesso è vietato, i venditori si fermano nelle vicinanze dei distributori automatici, invitanto gli utenti a preferire i propri prodotti a quelli delle macchinette. Nel caso del thè, per esempio, la loro bottiglietta di prodotto sottomarca da mezzo litro costa un euro, mentre quello di marca da 33 cl del distributore vale 60 centesimi. In generale la loro mercazia è più economica.

Nessuno può dirlo, ma c’è il sospetto che i sabotaggi ai distributori automoatici registrati da quando sono stati installati, in attesa dell’apertura del bar che forse non aprirà mai, possano essere legati a questa attività parallela. Un lavoro vero e proprio, con tanto di turni che, a sentire uno dei venditori, va avanti da più di otto anni, con la certezza che: “Di qua nessuno ci può cacciare, anche il personale dell’ospedale compra da noi perché non ci sono alternative”.

Per la verità l’unica alternativa possibile è quella della legalità, ma mantenere questo status quo è più facile. Non ci si mette contro gli abusivi e soprattutto non si ha la fretta di assicurare un servizio funzionale a pazienti, parenti e dipendenti dell’ospedale San Paolo.