“Se non smetti di crearmi problemi si aggiungerà qualche denuncia ancora più seria!”. Minacce, neppure troppo velate, inviate ad uno degli infermieri indagati nell’ambito dell’inchiesta sui prelievi a domicilio. Il mittente è anonimo, si fa per dire, perché il numero di telefono è quello dell’iscritto ad un’associazione di volontariato, con tanto di logo sul profilo whatsapp.

Non si tratta di un’associazione qualunque, ma di una strettamente legata alla cooperativa che avrebbe tratto i maggiori benefici dallo scandalo che ha coinvolto il reparto di Emofilia del Policlinico di Bari. Con la partenza delle indagini, la cooperativa in questione sarebbe riuscita ad accaparrarsi numerosi clienti, più di chiunque altro. Si parla di 25-30 prelievi al giorno.

La situazione è tesissima, soprattutto perché, secondo quanto è stato possibile osservare, il tutto starebbe avvenendo con la mediazione di un’altra associzione, quella che si occupa dell’accoglienza nel reparto di Emofilia. Lo stesso reparto dove avrebbe lavorato il mittente del messaggio minatorio. L’associazione, per ovvie ragioni a stretto contatto coi pazienti, li dirotterebbe alla cooperativa vicina a chi ha inviato il messaggio whatsapp. Costo del prelievo 20 euro, a meno che il cliente non sia iscritto per 15 euro annui a chi fa da tramite.

Più corretto sarebbe dare al paziente un elenco con una serie di contatti, calcolando che nessuna associazione o cooperativa è ancora accreditata dalla Asl per i prelievi a domicilio. In questo modo il paziente potrebbe scegliere liberamente a chi rivolgersi. Secondo alcune indiscrezioni, poi, il presidente dell’associazione attiva all’interno del reparto di Emofilia, tra l’altro non si sa bene a quale titolo, se cioà ci sia una convenzione formale con il Policlinico, avrebbe avuto contatti con altre realtà, che avrebbero però rifiutato di fare compravendita di pazienti.

L’infermiere minacciato ha sporto regolare denuncia. Alcuni giorni fa, intorno alle 10, poi, testimoni riferiscono di aver assistito a un battibecco tra l’infermiere minacciata e la referente dell’associazione presente nel reparto di Emofilia. Le minacce telefoniche, a quanto pare, sarebbero satate inviate anche a un secondo infermiere. Si apre così un altro capitolo dell’inchiesta.

Quali problemi starebbe creando l’infermiere? Perché il mittente scrive che potrebbero aggiungersi denunce ancora più gravi? A cosa si riferisce? È forse l’autore di una delle denunce da cui è partita l’indagine della Guardia di Finanza e dei Carabinieri del Nas? Se è vero che a denunciare gli infermieri sono stati anche alcuni pazienti, c’è qualcuno che li ha spinti a farlo? Perché improvvisamente il numero di campioni contestati è sceso notevolmente, nonostante i trasporti delle provette vengano fatti comunque in maniera dubbia? Le domande ancora senza risposta sono troppe e il caos che regna negli ospedali ancora tanto, soprattutto nel reparto di Emofilia del Policlinico.