Ormai è un coro. Scrivendo di un contenitore teatrale dotato di un organo magnifico, il termine coro, che con l’organo fa “pendant”,  è azzeccato come pochi. Dicevamo un coro, ma di cosa? Di proteste e richieste per aprirlo e restituirlo alla pubblica fruizione. Antonio Decaro, Sindaco di Bari, Sindaco dell’omonima città metropolitana, Sindaco dei sindaci (ovvero Presidente dell’Anci), aveva assicurato che massimo a luglio 2016 avremmo riavuto l’Auditorium Rota agibile e fruibile.

Marida Dentamaro, presidente del Conservatorio Piccinni, sul cui terreno insiste l’Auditorium e che, con l’autonomia dei Conservatori  e l’equiparazione alle Università, ne è divenuto il proprietario, aveva fatto la medesima previsione, in un’intervista rilasciatami, aggiungendo testualmente: “Mi prendo un largo lasso temporale, perché sono una persona seria, ma entro la metà del 2016 apriremo”.

Mi sbaglio o siamo nel 2017 ed il primo trimestre sta per avviarsi a conclusione? Non solo non è accaduto nulla, chiuso era e chiuso è, ma siamo davvero in alto mare.

Noi baresi il fetore delle cose che vanno a male lo sentiamo a distanza. Sarà che ne abbiamo fatto l’abitudine, anche fisicamente e materialmente, a causa dell’endemica putrefazione delle alghe sul nostro lungomare e degli altrettanto endemici ritardi nel dragare quei fondali ed eliminare quel fetore nauseabondo, sarà che ai “ciambotti amministrativi” assistiamo quotidianamente, da Punta Perotti al Teatro Petruzzelli, dal Palazzo di Giustizia ai piani particolareggiati ed alle lottizzazioni strane.

Dopo venticinque anni di sottrazione alla pubblica fruizione ed al pubblico utilizzo dell’Auditorium Rota, con i lavori pressoché ultimati dal 2014, un ennesimo biennio di fermo per scartoffie non perfezionate? O c’era e c’è anche dell’altro nell’appalto, di cui non si dice?

È scandaloso che l’Auditorium, chiuso nella primavera del 1992 (circa sei mesi dopo l’incendio doloso del Petruzzelli), solo perché al Comandante dell’epoca dei Vigili del Fuoco vennero dei dubbi sulla sicurezza delle “vele”, sia ancora inagibile. Le “vele”, cari lettori, sono quelle strutture a V annesse al soffitto (ricordate com’era l’auditorium?). I progettisti originari le ritenevano indispensabili per l’acustica ottimale della sala concerti; acustica effettivamente straordinaria.

Tecnicamente, c’era il vuoto all’interno e quindi, sempre secondo il citato comandante, la teorica possibilità che potessero essere attraversate da cavi o fili scoperti, essere ospizio per bombe di terroristi, ma l’Isis all’epoca non c’era e le brigate rosse erano state sgominate.

Revocato il certificato di prevenzione incendi, la struttura divenne inagibile al pubblico spettacolo. Significa, in parole povere, che non potevano tenersi manifestazioni con biglietti a pagamento. Rimaneva agibile per i saggi, per manifestazioni che non prevedessero la vendita di biglietti. Assurdità delle nostre leggi frammentarie.

Tant’è, che per ben due anni, si tennero nell’auditorium “inagibile,” provocatoriamente, su sollecitazione ed invito del Generale Roberto Cirese, Comandante all’epoca della legione dei Carabinieri, la giornata regionale della Benemerita.

Roberto Cirese, per chi non lo sapesse, era stato genero dell’eroico generale Dalla Chiesa e ne aveva fatto proprio l’insegnamento. Era convinto che la prevenzione del crimine si fa più efficacemente favorendo cultura, formazione ed educazione dei giovani e che la repressione dovesse essere l’ultima spiaggia. Considerava il, pur necessario, ricorso a quest’ultima, una mezza sconfitta per lo Stato.

Servì a poco quella provocazione, se non a dimostrare che nello Stato non c’è solo chi si preoccupa esclusivamente dei propri interessi, ma anche chi ha cura del territorio in cui è chiamato ad operare e “servire”.

Col tempo una struttura, ufficialmente chiusa, senza adeguata manutenzione e sorveglianza,  è andata in degrado totale, per cui, da un semplice adeguamento alla normativa, si è passati ad un restauro-rifacimento corposo. Un appaltino è divenuto un bell’appalto cospicuo. Giubilo generale, ovviamente. Salvo per le tasche dei contribuenti. Si fanno i ponti, ma non si coprono le buche nell’asfalto o sui marciapiedi.

Peraltro, essendo chiusa come Sala concerti (ma i saggi scolastici con un migliaio di spettatori tra allievi e genitori il Conservatorio era  autorizzato a tenerli), l’Auditorium Rota divenne un utile strumento per la moltiplicazione non “di pani e di pesci”, di vangelica memoria, ma di incarichi d’insegnamento, supplenze e cattedre varie. Gli spogliatoi, la sala principale, la saletta sottostante, finanche l’anticamera dei bagni (i “cessi”, per dirla in italiano puro) divennero aule, in attesa del completamento della nuova ala.

Fin quì la storia, che non è proprio tutta. Sarà opportuna riscriverla meno sinteticamente. Promesso. Torniamo ad oggi. Finalmente, un onorevole, Giuseppe Brescia del M5S, prende contezza della situazione scandalosa e presenta l’11 gennaio scorso una interrogazione parlamentare.

Abbiamo sentito telefonicamente l’on.le Brescia a fine gennaio e gli abbiamo chiesto in particolare di precisarci quali obiettivi intendesse raggiungere, allorché ha scritto in chiusura dell’atto di interrogazione “se intendano” le autorità preposte “sin da ora promuovere la formazione di un tavolo tecnico con tutti gli enti coinvolti al fine di progettare il modello di gestione della struttura più adeguata”.

Brescia mi ha spiegato -ed io ve lo giro, miei cari lettori, in termini più semplici- che in quella interrogazione si chiede alle Autorità preposte: “visto che si è o si dovrebbe essere agli sgoccioli, burocrazia permettendo, perché non anticipare il nodo gestione, in modo che, una volta risolti i problemi di agibilità, si possa immediatamente rendere funzionante la struttura?” Semplice buon senso, mi pare di poter affermare; allora, perché non assecondarlo?

Forse perché c’è qualcuno o qualcosa che ha già posto un cappello su quella poltrona, prenotandola? o, meglio, su quella gestione? E forse quel qualcuno è abbastanza potente? O semplicemente amico di potenti, o amico degli amici?

Gira, infatti, o vien fatta girare una voce assolutamente infondata: e cioè, che la gestione dell’auditorium sarebbe talmente costosa che il Conservatorio Piccinni non potrebbe nè permettersela, nè farsi carico di quei costi. Perciò ci dovrebbe, necessariamente, essere qualcun altro soggetto, stracarico di soldi, magari detenuti non proprio legittimamente, quantomeno sotto il profilo etico e morale, che dovrebbe gravarsi di quell’onere, di quel pesante fardello. Nulla di più falso.

Il Conservatorio di Milano, a cui sarebbe spettata una fetta significativa dei fondi ministeriali annuali non ordinari, quelli per i progetti, rinunciava sistematicamente alla sua quota cospicua, almeno finchè sono stato Presidente del Conservatorio di Bari, prima, e Commissario straordinario governativo all’autonomia del Conservatorio Rota di Monopoli ed ai patrimoni dei Conservatori di Bari e Monopoli. Poi le notizie non le ho ricevute più.

Sapete perché si permetteva quello splendido rifiuto? Perché i proventi della gestione della Sala Verdi, l’auditorium annesso all’omonimo Conservatorio meneghino, li rendeva totalmente economicamente autosufficienti. Ovviamente, la gestione era ed è diretta da parte di quel Conservatorio.

Certo Bari non è Milano, ed ha anche smesso di appellarsi “la Milano del Sud”, ma la questione non cambia, mutano solo le proporzioni. Non ci saranno numerosi sponsor di grandi industrie, ma il commercio le può sostituire almeno in parte: Petruzzelli docet. Se tanto è vero, si comprende come l’affare gestione possa essere non di poco conto.

Ho chiesto più volte in quest’ultimo periodo alla sen. Marida Dentamaro, attuale Presidente del Conservatorio barese, di volermi cortesemente chiarire a che punto fossero le questioni burocratiche.

Avrei voluto anche chiederle, ottenendo risposta, quali provvedimenti fossero stati presi, dal Consiglio di Amministrazione da lei presieduto, per riportare legittimità nella gestione dei cospicui fondi messi a disposizione del Conservatorio dal Sultano dell’Omar Qaboos bin Said.

Gli allievi del Conservatorio, destinatari dello stesso fondo, per espressa ed esplicita volontà del donatore, hanno visto, sembra, solo le briciole. Per detto fondo era stata costituita una apposita Fondazione, oggetto di attenzione da parte della Procura della Repubblica di Bari, ente che tuttora li amministra.

Ebbene: nessuna risposta, dalla Presidente Dentamaro, se non “le dichiarazioni le ho fatte a suo tempo ad un quotidiano cittadino”. Ma lì della questione gestione non c’è traccia. Viva la trasparenza! Per inciso, sul nuovo sito del Conservatorio è sparita la pagina dedicata a quella Fondazione. Se ne trova traccia solo sul precedente sito del Conservatorio Piccinni, destinato alla cancellazione sul web, e da nessuna altra parte.

Un piccolo post scriptum. Questa sera abbiamo risentito telefonicamente l’On.le Brescia. Ci ha dichiarato: “Per ora risposte all’interrogazione parlamentare sull’auditorium, zero!”.

A questo punto rivolgiamo le medesime domande al Sindaco Antonio Decaro, sia per quanto attiene tempi ed eventuali ostacoli alla riapertura, sia sulla futura gestione, alla quale è direttamente interessato, in quanto Sindaco metropolitano. Su “Bari Città (quasi) a misura di ciclista” non rispose, eppure era il suo cavallo di battaglia, pensavo d’invitarlo a nozze, ci risponderà questa volta?