croce rossa

Abbiamo sempre voluto evitare di entrare nelle cose interne di Croce Rossa Italiana perché riteniamo che sia nostro dovere semplicemente quello di informare, lasciando i giudizi penali alla magistratura, ove ritenesse di intervenire, e quelli morali ai cittadini, fossero essi soci o meno. Una cosa però ve la dobbiamo dire e ci teniamo a farlo.

La situazione di Cri sta diventando veramente esplosiva. Ci sono i soldi ma i dipendenti, vecchi e nuovi, non vengono pagati, non vengono onorate le sentenze e i fornitori aspettano da anni che vengano saldati i conti. Si perdono gli appalti e manca la trasparenza in ogni campo, dalle assunzioni alle forniture, alle retribuzioni del personale del management.

Adesso anche i volontari cominciano a puntare i piedi, scossi dai recenti avvenimenti e sulla scorta delle nomine che hanno fatto seguito alle ultime elezioni riguardanti tutto l’organigramma di Cri, non si sono accontentati di essere spediti nelle zone del terremoto ad aiutare. Non si riconoscono più in una Croce Rossa autoreferenziale e gestita secondo clan di vecchia appartenenza, dove questa cosiddetta nuova classe dirigente prova ad eliminare la puzza che esce dalle pentole che riusciamo, grazie al loro fattivo e disinteressato contributo, a scoperchiare a colpi di sanzione disciplinare e cambiando le serrature delle porte. Si rendono conto, in effetti, che un’organizzazione sana alla lettura delle tante irregolarità che abbiamo segnalato, avrebbe provveduto a sanzionare i responsabili ed allontanarli.

In questa Croce Rossa invece si fa più attenzione alla possibilità di fuga di notizie, si blindano gli uffici, si allontanano i volontari e si sostituiscono con strutturati a pagamento, il cui silenzio si può comprare per mezzo dello stipendiuccio che gli si somministra. Tutto questo avviene in nome di un non meglio precisato “bene superiore dell’Istituzione”, concetto metafisico che si sposa invece perfettamente con la facoltà di autoprotezione che alcune strutture organizzative adottano per conservare immutato nel tempo e con le medesime facoltà, il potere acquisito.

Il problema non è quindi la salvaguardia dell’Istituzione ma la tutela del proprio potere. Si condizionano i volontari sino a renderli come scimmiette spaziali che devono lavorare ma non possono vedere, sentire e addirittura parlare, specialmente con i giornalisti. Pena espulsioni e sanzioni disciplinari, fra le quali la peggiore è quella dell’oblio che consiste cioè nel far fare servizi su servizi ma senza prospettiva di formazione, carriera, attività gratificanti, e quei servizi si devono fare perché altrimenti si può perdere la qualifica di “volontario”.

Quindi dei “problemi” interni di Cri è ben non parlare perché, tra le altre cose, i capi possono risentirsene. E’ bene non parlarne perché troppo spesso il bene superiore, la salvaguardia dell’Istituzione, costringe ad un comportamento omertoso, e quell’omertà è degradante ed omogenizza i comportamenti di tutti, omologa il silenzio come nelle migliori aggregazioni criminali. È nella malavita che si cerca la spia, l’infame, la talpa. Nelle organizzazioni virtuose si loda chi si accorge dell’inefficienza e si corregge l’errore. Tutta questa opacità non fa della Croce Rossa Italiana un’associazione libera e di libere persone. Tutto questo bene si è voluto sacrificare. In nome di che cosa? Voi, per adesso, continuate a chiamarlo “privatizzazione”.