Debora Diodati, da poco presidente del Comitato Area Metropolitana di Roma Capitale.

Non esiste una soluzione immediata e condivisa. Così la Croce Rossa Italiana di Roma ha lanciato a mezzo stampa un allarme, suonato a molti come un monito. Debora Diodati, da poco presidente del Comitato Area Metropolitana di Roma Capitale, il gioiellino prêt-à-porter voluto da Ronzi e da lui ancora gestito per mezzo della sua vice storica, ha rilasciato qualche giorno fa un’intervista a un quotidiano nazionale nella quale ha evidenziato la situazione preoccupante riguardante la gestione dei rifugiati nella Capitale.

“Croce Rossa – ha detto la donna – continua a rispondere alle richieste della Prefettura, ma le tende, nelle quali sono alloggiati alcuni degli ospiti extracomunitari, potevano andar bene nella stagione estiva. Avvicinandosi l’inverno, queste persone devono passare dai teli blu a migliori e più confortevoli coperture”.

Quello che pare un grido di allarme, per di più disperato, ha avuto proprio in questi giorni migliori e differenti letture. Si è capito subito che esiste un accordo a monte con la Prefettura di Roma e non si è mai verificato, come la Croce Rossa aveva invece dato più volte a intendere, che queste persone fossero capitate tra le mura di via Ramazzini (ove insiste il comprensorio Cesare Battisti, da sempre casa madre della Cri romana) per caso o attirate da una contingente imprevedibile fatalità.

La presidente Diodati, nella sua intervista, chiarisce che la Croce Rossa Italiana di Roma, per il solo via Ramazzini, ha un “accordo” con la Prefettura di Roma, che paga i famosi 35 euro a profugo, peraltro vicino alla scadenza. Proprio qui nasce il grido della Diodati. Se il suddetto accordo non verrà rinnovato, gli oltre 400 migranti non avranno un tetto romano e saranno dispersi per le strade della Capitale, non essendo per giunta soggetti a controlli di polizia e potendo quindi entrare e uscire quando vogliono. Sono ospitati per ragioni umanitarie, oltre che in ragione del compenso, a carico, per il disbrigo di queste incombenze, del Ministero degli Interni. I numeri sono immensi: si parla di 15.000 euro al giorno, che, secondo la denuncia della presidente del Comitato Area Metropolitana di Roma Capitale, la Croce Rossa romana perderà a fine anno.

Detta così e letta così potrebbe sembrare una pur velatissima minaccia la possibilità di riversare per strada un’intera piccola comunità fatta di persone che hanno l’esigenza di rimanere a Roma giusto il tempo di riorganizzare le loro cose e trovare una destinazione ospitale in Nord Europa. Però l’animo ragionieristico che si nasconde dentro ognuno di noi, poveri disoccupati o male occupati, fa presto a tirare una somma. Per la sola struttura di via Ramazzini la Croce Rossa romana incassa, suppergiù, mezzo milione di euro al mese.

È stata, se ricordate bene, la stessa Croce Rossa a licenziare i dipendenti dopo la cessazione dell’appalto del soccorso su strada con Ares Lazio, che nel transito di alcuni lavoratori protetti, dalle proprie fila a quelle della nuova appaltatrice, si è dimenticata di disapplicare la normativa sul preavviso di risoluzione e ha lasciato senza stipendio i transitanti ad altra sede. La stessa Croce Rossa che si vergogna di mostrare i contratti di lavoro di Flavio Ronzi e di Barbara Contini.

Sul primo non abbiamo dubbi, rispetto a una personalità sfuggente e memori delle rassicurazioni, poi tutte disattese, con le quali aveva indorato la pillola o, per meglio dire, la supposta ai dipendenti poi dimessi, non pago di aver addotto tante giustificazioni sulla perdita di quello e di altri vantaggiosi appalti, tutte molto affabulatorie ma poi concretamente inconsistenti. Continua a stupirci, invece, l’atteggiamento della senatrice Barbara Contini, che, concorrendo per la poltrona di segretario generale della Cri, si è trovata sottoposta a Ronzi, continuando nonostante tutto a fare melina su un contratto di lavoro che da quanto si racconta pretende sia copia identica, riguardo alla parte economica, di quello del suo capo, ma che non vuole di fatto mostrare ai volontari.

Circa duecentomila euro annui in due che non si comprende, ora che i flussi di denaro pubblico vanno a soddisfare la copertura della “massa passiva” della liquidazione della Cri statale, da dove possano provenire se non dai servizi espletati dai volontari e dai pochi dipendenti rimasti. C’è un collegamento tra il contratto con la Prefettura e il finanziamento di questi e degli altri contratti di consulenza stipulati dalla Croce Rossa? Perché invece di minacciare rabbiosamente querele a destra e manca non mostrate ai volontari quale stipendio vi siete attribuiti? O vi vergognate, tutti e due, anche di questo arido aspetto di quella che ormai solo voi continuate a chiamare “privatizzazione”?