La brillante e oculata gestione nuova gestione della Croce Rossa ha messo sul tavolo dei ministeri competenti una montagna di debiti. Una quantità tale da rendere strategica, più del ponte sullo Stretto, una teleferica per valicare l’accumulo ingombrante di bollette, sentenze, arretrati, stipendi, liquidazioni e canoni di ogni tipo accumulati finora. Gli stessi documenti che quanti amministrano ora da funzionari della Croce Rossa Italiana privatizzata, avevano visto e conosciuto ai bei tempi delle folli cavalcate quando erano commissari e dirigenti.

Insomma, nemmeno la tanto attesa iniezione di liquidità, la boccata di aria fresca promessa ed erogata dal Governo, che tanto boccata non è pur ammontando a quasi 85 milioni di euro, è sufficiente a consentire a questo polmone pieno di bacilli che è diventato la Croce Rossa Italiana di regolarizzare ed abbassare la mole di debiti che ha ricevuto in dote. I nuovi amministratori uno sforzo lo hanno fatto, però, scrivendo all’Avvocatura dello Stato e chiedendo un’interpretazione delle norme che gli consentissero di adempiere ai pahamenti.

Questi signori, avvocati e commercialisti in testa, sanno ben leggere le norme che gli consentono di smantellare l’associazione di volontariato più grande d’Italia e tutto il suo patrimonio; sanno ben leggere le norme che gli consentono di appropriarsi di poltrone e cariche, ma difettano nella vista quando le stesse norme assegnano loro particolari compiti istituzionali.

L’Avvocatura ha risposto con un parere motivato, lungo ed articolato alla sua maniera, indicando per filo e per segni tutti i compitini che spettano all’Ente Strumentale in funzione di liquidatore della massa passiva ed attiva dei beni della vecchia Croce Rossa Italiana. Naturalmente, la massa passiva sarebbero i debiti, la stragrande maggioranza dei quali è costituito da rivendicazioni a vario titolo del personale dipendente. La risposta dell’Avvocatura, alla domanda sui tempi di pagamento, non è sibillina.

Pagarli subito non è male, pagarli dopo significa fare i conti con altri interessi, fare la transazione non esclude ulteriori rivendicazioni e danni da far valere sulle casse pubbliche. Attraversata via Veneto, il parere viene interpretato in un altra maniera. La delibera del Comitato dell’Ente Strumentale numero 71, infatti, dichiara come verrà impiegata la somma di 85 milioni di euro. Oltre a pagare 2 milioni di utenze arretrate, a restituire una prima tranche di 16 milioni del prestito bancario dell’Istituto tesoriere, a pagare 27 milioni di euro tra incentivi e liquidazioni al personale dipendente, scopriamo che quasi 8 milioni di euro saranno pagati per saldare i debiti che la Croce Rossa Italiana ha maturato quale mancato versamento delle contribuzioni alla Federazione Internazionale, che pure a Roma e nel resto d’Italia paga lauti stipendi, a rischio di veder cancellata l’affiliazione della Società Nazionale italiana e quindi la possibilità per Rocca di concorrere alla Presidenza della Federazione nel 2018.

Rimangono al palo i pagamenti per i 33 milioni di euro che lo Stato ha versato nelle casse di via Toscana per il saldo delle sentenze che Croce Rossa ha ottenuto sfavorevolmente e che sono diventate inoppugnabili ma che, per effetto della procedura di liquidazione, non è possibile eseguire per mezzo di esproprio ed esecuzione forzata. Il chiarimento dell’Avvocatura non è stato sufficiente al Comitato dell’ESACri che continua a ciurlare nel manico, mentre i creditori rimangono doppiamente beffati.

I denari ci sono, ma facendo finta di non capire bene cosa debba e possa essere fatto, rimangono chiusi nei cassetti di via Toscana. Continuate così, a chiamarla privatizzazione, mentre loro approfondiscono i pareri e tolgono diritti a chi se li è guadagnati prima con il lavoro e poi giudizialmente.