croce rossa

Da Roma a Napoli il mantra è lo stesso. La sentenza della Corte d’Appello, cui abbiamo fatto riferimento nel nostro ultimo articolo, è diventata non più impugnabile e bisogna darle esecuzione, ma nelle alte sfere di Croce Rossa Italiana pare non sia successo nulla. Minimizzare l’accaduto è uno degli stili di condotta di questa classe dirigente dell’associazione di volontariato più grande d’Italia ed è anche un modo per contestare puerilmente l’operato dei Giudici campani, che se hanno scritto una cosa in ben due occasioni diverse, qualcosa l’avranno anche voluta dire.

Indiscutibilmente, qualcuno dovrà pagare gli oltre 15mila euro e proprio la Magistratura ha indicato in solido, quali debitori, il presidente del Comitato di Napoli Monorchio e la Croce Rossa Italiana. Se fosse la seconda a sborsare effettivamente il dovuto, ancora una volta per sanare gli errori o le impuntature di qualche dirigente, il costo ricadrebbe sul lavoro dei tanti che il volontariato lo fanno veramente.

A proposito di questi ultimi, siamo stati subissati di messaggi dai volontari, qualcuno lo abbiamo anche sentito personalmente, e ci raccontavano di una Croce Rossa partenopea differente dai lucidi brillantini che ogni tanto le vengono verniciati in facciata. Ci raccontavano di un’associazione assai poco indipendente, che sarebbe piuttosto legata al carrozzone dell’onorevole Marcello Taglialatela, proveniente dal centrodestra come il governo che ha indicato Francesco Rocca commissario di Cri, con il quale Monorchio, da presidente dell’associazione Campania Sanità, avrebbe condiviso progetti di riorganizzazione della sanità campana e della sua rete ospedaliera e per il quale, sotto l’egida Cri, avrebbe organizzato numerosi incontri con i soci quando si è candidato Taglialatela, presente in tutte le recenti competizioni elettorali compresa l’ultima a sindaco di Napoli.

A detta dei volontari, la qualità indiscutibile di Monorchio pare sia stata quella di trasformare il Comitato Cri di Napoli in un vero e proprio ufficio di collocamento, attraverso l’utilizzo del lavoro del personale in una serie di convenzioni realizzate in nome dell’ente umanitario. Si sarebbero impiegati volontari che, come avevamo già illustrato in un precedente articolo, arrivano a guadagnare circa 1.100 euro mensili con un sistema di pagamento attraverso buoni pasto, ai quali si aggiungerebbero voucher dell’Inps, buoni benzina e contanti.

Naturalmente, sfruttando la natura privatistica del nuovo Comitato, si tende a non rendere pubblici né i contenuti delle convenzioni né i nominativi dei volontari impiegati nelle attività, ma quelli che si sono rivolti a noi ci assicurano essere sempre le stesse persone, spesso parenti dei dirigenti Cri o a loro legati in qualche modo. La mancanza di trasparenza non consente nemmeno di sapere se i servizi di assistenza notturna ai degenti presso gli ospedali con uniforme Cri, o quelli di trasporto sanitario in ambulanza, siano tutti fatturati. Il movimento sembrerebbe comprendersi dalla busta che ogni lunedì mattina tutti i volontari impiegati la settimana precedente in questi servizi ricevono, ben chiusa e brevi manu.

Aderendo a questa complessa chiave di lettura si capisce anche la ragione per la quale ben tredici Comuni dell’hinterland napoletano non abbiano avuto l’onore di veder erette le loro delegazioni di Croce Rossa, pur se con una grande attività ed un buon numero di volontari, al rango di Comitato, se non per far rimanere attratto il loro intrinseco valore economico sotto la guida del Presidente Monorchio e quindi del Comitato Cri di Napoli.

Ci rivolgiamo quindi a tutti quelli che hanno criticato la nostra attività di documentazione per spiegare e provare a far comprendere come il problema non si trovi nell’interpretazione di una sentenza, che in quanto tale va semplicemente fatta applicare “in nome del popolo Italiano”, ma nella strutturazione commerciale anche piuttosto aggressiva che alcuni Comitati si sono dati per “conquistare” il mercato della sanità, nobile obiettivo ma decisamente fuori dagli scopi del Movimenti Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, all’insaputa di tantissimi volontari in buona fede e spesso al limite della legalità. Questo, signori, è quello che voi avete voluto chiamare “privatizzazione”.