La differenza tra il potere di coordinamento e indirizzo e la censura sta tutta nel principio di condivisione. Il direttore della tua testata modifica un articolo o lo blocca perché poco interessante o ritenuto non conforme alle linee editoriali della testata. Prima di prendere decisioni, però, egli stesso è sottoposto al voto del comitato di redazione e la linea editoriale, sua o imposta dall’editore, è condivisa nelle riunioni di redazione che, a volte ed in particolari momenti, sono anche più di una nel corso della giornata. Tutto il resto, per esclusione, è censura.

È un po quello che sta succedendo nella Croce Rossa Italiana. C’è un vecchio detto che suppergiù suona così: nella Croce Rossa il medico fa il medico, l’infermiere fa l’infermiere, l’elettricista l’elettricista, così il meccanico e l’autista, il giornalista fa il barelliere e paghiamo l’amico di qualcuno per fargli fungere da giornalista. Così, nel lontano 2008, il giornalista Tommaso Della Longa approda in via Toscana per non andarsene più, con funzioni di portavoce del Commissario e adesso del Presidente.

Parlare di un collega è sempre rischioso. In questa storia, però, ci era capitato di farlo in passato. Eclettico e di spiccata fede laziale, Della Longa ha trovato il tempo per insegnare la comunicazione d’emergenza, di collaborare con Panorama, La Repubblica, una testata americana, MTV, Sole 24 Ore, Rai News 24, Il Riformista, Liberal, Libero, Rinascita, Romapunto, L’Indipendente, Area, Secolo, L’Avanti, Radio Rai, Radio 24, Radio Vaticana, scrivere tre libri e tutto il resto che ha potuto produrre mentre era stipendiato dall’Ente di via Toscana 12.

Oggi, lui che non è un volontario di Croce Rossa, si trova di nuovo ai vertici della comunicazione dell’associazione di volontariato più grande d’Italia e ordina a chi si occupa della comunicazione delle due componenti ausiliarie alle forze armate, di far transitare dalla sua scrivania tutto il materiale che il Corpo Militare e le Crocerossine pubblicavano in via autonoma sul sito nazionale della Cri. L’obiettivo è quello di evitare la sovraesposizione delle componenti che fanno attività sul territorio e fuori area, che fanno la comunicazione vera senza spendere un euro, che danno voce ai volontari e non trascrivono parola per parola elegie; far vedere sempre le stesse facce, gli stessi attori sullo stesso palcoscenico, con un modello di comunicazione molto veltroniano.

La differenza? Il buon Walter se lo pagava da solo questo sistema. Della Longa si arroga oggi questo privilegio, lui che ha fatto chiudere, con la geniale invenzione della rivista unica denominata “150+” – oggi dicono seppellita dai social media – forse più realisticamente considerata un buco finanziario, i periodici delle altre componenti con la scusa che costavano troppo, lanciata dall’ufficio stampa più strapagato di Roma, quello che compra la stessa mazzetta di giornali per ogni piano della propria sede.

Dall’alto del potere conferitogli dal suo Presidente Della Longa gestisce tutto, non convocando mai i vertici della comunicazione delle altre componenti di Croce Rossa Italiana per la minima ed essenziale riunione di coordinamento e per condividere una strategia o delle linee guida, che poi in realtà non esistono, emulando in tutto e per tutto il suo datore di lavoro. Specialmente nel mondo del volontariato, gli uffici stampa hanno la funzione di raccontare cosa sia e cosa faccia proprio il Capo e solo lui. Solo lui deve andare in Tv, deve parlare ai giornali o con i giornalisti, tutto è in funzione dello sviluppo della buona immagine del Capo, quando lo stesso Ufficio Stampa è pagato con i soldi dei cittadini o dei volontari.

Insomma, è partita u’altra operazione alla Rocca, quello che dietro una facciata di riorganizzazione elimina la pluralità di voci esistenti in una vivace e trasversale associazione di estensione nazionale, che elimina ogni dissenso, che mette alla gogna i suoi pochi avversari dichiarati, pur non riuscendo a gestire in maniera trasparente e semplice l’associazione della quale è paradossalmente sia presidente che liquidatore. Dopo i demansionamenti, i licenziamenti, i provvedimenti disciplinari e la neutralizzazione forzata, adesso è l’ora dell’oblio, in perfetto stile cambogiano. E voi continuate a chiamarla semplicemente privatizzazione.