Una prerogativa della Croce Rossa Italiana, eredità della sua natura di Ente Pubblico, è la gestione del parco automezzi ed il rilascio dei titoli di guida. La Cri, è noto, ha la facoltà di targare gli automezzi, di ogni dimensione, rilasciare le carte di circolazione e non è soggetta alla tassa di possesso automobilistica. In più, una convenzione diretta con l’Aci esenta dal pagamento del pedaggio autostradale i veicoli Cri in transito, anche i mezzi non adibiti al soccorso.

Con il passaggio da Ente pubblico ad associazione è cambiato soltanto il tasso di confusione elevatissimo. I Comitati possono acquistare i mezzi di trasporto e di soccorso, e con targa civile. Se vogliono avere la targa CRI devono cederli gratuitamente al Comitato nazionale, che li retrocederà in comodato al Comitato acquirente. I Comitati non sanno, però, che i mezzi ceduti e riottenuti in comodato, intestati quindi al Comitato nazionale, possono essere agevolmente pignorati e sequestrati in adempimento alle varie esecuzioni forzate che l’Ente sta subendo in ogni dove per debiti accertati giudizialmente ed ampiamente scaduti.

C’è poi un altro ordine di problemi, quello dei permessi per condurre questi mezzi. Come associazione di diritto privato, la Cri ha ancora la facoltà legale di rilasciare e rinnovare patenti di guida? Per guidare un mezzo intestato ad un Comitato di Cri e quindi avente targa italiana, serve la patente Cri o basta la patente normale? Poniamo il caso che sia possibile, indipendentemente dalla natura giuridica pubblica o privata della nuova Cri, continuare a emettere patenti e a rinnovarle ai soci, quando si esercita la guida in un servizio in convenzione, un servizio cioè che il Comitato Cri si è procurato sul libero mercato e dal quale ricava dei denari necessari al suo sostentamento, perché al socio che guida è sufficiente la patente di tipo 4 o 5 mentre a qualsiasi altra associazione viene imposto il possesso del CAP B, che è un certificato di abilitazione professionale di tipo molto speciale e costoso? In fondo è come se si guidasse un taxi con la tessera del WWF.

Possibile che questa domanda non se la sia mai posta nessuno, che nessuno ha voglia di far applicare le leggi della Repubblica Italiana e ristabilire una condizione di parità nell’offerta dei servizi e nella soddisfazione delle domande che gravitano nel libero mercato interno? Possibile che esista un grado di copertura così elevato di attività che, pur se non integrando una vera e propria violazione penale o amministrativa, sarebbero comunque degne di attenzione, non vengono mai esaminate con competenza e compiutezza da nessuno, nemmeno dagli strapagati organi interni della stessa Associazione o dell’Ente strumentale?

La cosa sicuramente si potrà risolvere alla prima confisca di gruppo o al primo incidente mortale. Fino ad allora, e adoperando ogni gesto apotropaico noto e meno noto, continuate a chiamarla privatizzazione e noi accenderemo ogni giorno i nostri riflettori su un mondo oscuro, governato da pochi, sicuramente non disinteressati, elementi.