Spalancate le porte è arrivata l’ex senatrice Barbara Contini. Nella Croce Rossa, quella nuova anche detta 2.0, finora si lavorava al motto: semplificare. Tanto semplice, che il decreto legislativo da dov’è partito lo smantellamento dell’ente è intitolato alla riorganizzazione. Semplificazione e risparmio sono alla base della scelta di far fuori oltre 4.000 dipendenti.

Grande spazio ai volontari in ogni posizione, meno che sulle poltrone “d’oro”, spesso create all’occorrenza anche dove non ci sono nel solco della più classica tradizione italiana. Solo qualche mese fa, un evidentemente emozionato Flavio Ronzi, proprio non riusciva  trovare le parole giuste per ringraziare il Consiglio direttivo nazionale della Croce Rossa, lo aveva scelto per ricoprire l’incarico di segretario generale, non gratuito e di nuova istituzione.

Incarico ben pagato dal sudore dei volontari sarà anche quello riservato a Barbara Contini, già governatrice della regione irachena del Dhi Qar, che a breve prenderà possesso della poltrona di responsabile di ASSOEV, il Dipartimento per le emergenze dell’associazione italiana della Croce Rossa, con una delega specifica sulla questione dei migranti, ormai il core business dell’ente strumentale.

Ma com’è arrivata la Contini, che non è volontaria Cri, alla poltrona di via Ramazzini? Le solite malelingue, dalle quali ci dissociamo, raccontano che l’ex senatrice fu collocata dagli americani a governare la tranquilla regione dell’Iraq. Incarico consegnatole persino all’insaputa del nostro governo. E potrebbe esserci lo zampone a stelle e strisce anche dietro la nuova vita della Contini. Altre dicerie dicono che l’ex funzionario Onu abbia concorso alla stessa cadrega di Ronzi e che si sia piazzata solo al secondo posto. In questo caso senza ricevere alcuna medaglia.

Interessata a ritrovare una collocazione nei giri che contano, dopo una sosta ai box, per tornare in pista la battagliera Contini, esperta di crisi internazionali, avrebbe chiesto di poter verificare i criteri di selezione a ricoprire l’incarico. E qui sarebbe arrivato il bello. Per tagliare la testa al toro, evitando così di approfondire la faccenda, sarebbe spuntato l’incarico nuovo di zecca.

Noi non sposiamo questa fantasiosa ipotesi, che potrebbe interessare uno dei tanti nostri accaniti lettori in uniforme che, pur facendo il “tifo” per il nostro giornale, non ha mai avuto il coraggio di mettere il naso nel pantano in cui è finita l’associazione di  volontariato più grande d’Italia. Preferiamo pensare, in maniera più sensata, ad una scelta tecnica per risolvere la crisi di carattere igienico e giuridico che sta per investire l’hub di Monteverde, dove sono stipate in condizioni di assoluta pericolosità centinaia di persone. Migranti la cui sola colpa è quella di aver cercato rifugio dalle loro disgrazie in un viaggio allucinante verso l’Europa del nord.

Escrementi sui tetti del laboratorio centrale, mancanza di un presidio fisso di sorveglianza sanitaria, tende lasciate al sole senza copertura, bagni insufficienti a soddisfare l’utenza sono solo alcuni dei problemi che la nuova stipendiata della Croce Rossa dei volontari dovrà risolvere entro ferragosto, pena il più grande incidente sanitario al quale l’associazione di Dunant abbia dovuto volontariamente soccombere dal 1864 ai giorni nostri.

Rispetto alla riorganizzazione e alla privatizzazione, a noi sembra non sia cambiato nulla, se non il numero delle persone che usano la Croce Rossa per risolvere i problemi personali. In passato l’ente era considerato un postificio, nel senso che se avevi qualcuno da sistemare era il posto ideale per mandare a svernare. Oggi, il lavoro di molti volontari non retribuiti, soddisfa in buona parte la brama di soldi e potere di pochi. Non sarà certamente il caso della Contini. Gli stessi che dimenticano come Dunant sia morto in povertà. Lasciamo alla coscienza di un’intera classe politica, sorda, cieca e sicuramente complice, la fine ingloriosa del sogno di un visionario. Ci auguriamo il meglio per la sorte delle tante persone la cui esistenza in vita è ragione di profitto per pochi.