Avevamo raccontato dell’assunzione a tempo determinato della moglie del sindacalista rsu Bosch (ex Fim-Cisl), Vincenzo Fico, nell’azieda che si occupa del servizio mensa nello stabilimento barese del colosso tedesco. Una situazione imbarazzante, perché il sindacalista fa parte proprio di una delle commissioni aziendali che si occupano della mensa. Dopo quella segnalazione, il segretario della Fim Cisl Bari, Donato Pascazio, aveva revocato a Fico la rappresentanza sindacale in azienda per non essersi voluto dimettersi dall’incarico.

Adesso Vincenzo Fico, caso raro di rsu che rappresenta i lavoratori a nome proprio, esce allo scoperto. Ne ha di cose da dire e, come abbiamo sempre dichiarato, non saremo certo noi a mettere la museruola a nessuno. Speriamo si comprenda una volta per tutte – qualora ce ne fosse ulteriore bisogno – che la nostra inchiesta giornalistica sulla gestione sindacale all’interno della Bosch non è una battaglia contro qualcuno, piuttosto per migliorare un sistema moribondo.

“Ho deciso di dire la mia perché negli articoli usciti sul Quotidiano Italiano, che parlano di me, ci sono dei punti interpellabili che stonano decisamente con quella che è la realtà dei fatti. Oggi io sono un ex delegato della Fim-Cisl di Bari per lo sabilimento Bosch di Modugno, pur mantenendo la mia carica di rsu”. Esordisce così il tesserato della Cisl. “Tutto questo – continua – perché il segretario aggiunto, Donato Pascazio, ha deciso in materia unilaterale e secondo me anti democratica, di rimouovermi dalla carica di rsu. Lo ha fatto senza una motivazione valida, anche se la mia nomina veniva da una elezione democratica da parte degli stessi lavoratori dipendenti Bosch, a seguito delle sue insistenti richieste e delle mie mancate dimissioni dalla commissione mensa. I miei compiti, all’interno della stessa, erano quelli di verificare periodicamente la pulizia dei locali e concordare con i cuochi ed i responsaili dell’azienda appaltatrice i menù”.

A questo punto la prima precisazione di peso, tra l’altro a un’accusa mai mossa. “Non avendo alcun potere decisionale e perciò influenze nelle gare d’appalto aziendali, nonchè possibili assunzioni per cui un’azienda seria e distina come la nostra ha degli uffici e personale preposto e qualificato a farlo – aggiunge Fico – non ritenevo giusto dimettermi da quell’incarico”. Pascazio ha accusato il suo ex rsu di non aver rispettato le regole della Fim-Cisl e di essere coinvolto in un conflitto di interesse con l’incarico di rsu.

“Ho riletto più volte lo Statuto Nazionale della stessa sigla sindacale – tuona – senza trovare nulla che evidenziasse anomalie nel mio comportamento”. È in questo punto della lettera che Fico rilancia. “Ho scoperto, invece, che l’articolo 36 che riguarda le incompatibilità di cariche esterne – precisa chiamando evidentemente qualcuno, forse un collega – prevede la decadenza del ruolo di rsu per chi esercita incarichi comunali. A buon intenditor poche parole”. Ma a chi si riferisce?

“In merito alla faccenda dell’assunzione di mia moglie presso la società Compass (che gestisce il servizio mensa aziendale) – incalza il dipendente Bosch – ci tengo a sottolineare che mi sono limitato a segnalare il suo nominativo ai responsabili della Compass, che successivamente hanno effettuato una selezione ed una scelta del tutto autonoma”. Fico non ci sta e spiega che, al contrario di quanto fatto intendere da Pascazio: “Nel rispetto dei ruoli ho comunque informato lo stesso segretario aggiunto Donato Pascazio e tutti gli rsu della Fim Cisl nella Bosch, per evitare che la situazione potesse inbarazzare o creare problemi a qualcuno, senza compromettere o danneggiare nè la nostra azienda, nè la Fim di Bari, nè sopratutto i lavoratori, perché personalmente ho sempre cercato di rispettare i valori etici ed umani che contraddistinguono la nostra azienda, ritenendo di non avere nulla da rimproverarmi”.

In conclusione, una proposta coraggiosa fatta proprio a Pascazio. “Lo invito ad un confronto aperto in assemblea straordinaria – scrive Fico -. Un’assemblea da tenersi nei locali aziendali, in modo tale che i nostri colleghi possano capire e giudicare chi è meno idoneo a rappresentarli. Si eviterà così di continuare a prendere in giro i lavoratori e si potranno svuotare gli armadi da tutti gli scheletri. La mia non vuole essere una semplice polemica. È solo voglia di fare estrema chiarezza”.