Alcuni giorni fa, incontrando Raffaele Cantone, presidente nazionale dell’Anticorruzione, il governatore pugliese Michele Emiliano ha dichiarato ad un quotidiano che: “Quando un politico acquisisce una notizia di reato, che non significa la prova schiacciante ma anche solo la possibilità di un reato, deve denunciarlo alla magistratura, così come nel caso di danni erariali e alla pubblica amministrazione. Collaborare con gli inquirenti è fondamentale per accertare l’accaduto. Senza potestà di vigilanza e senza prevenire i fatti criminosi attraverso buone scelte politiche, la lotta alla corruzione non è possibile”. Proprio così, presidente, e per questo segnaliamo a lei, alla Corte dei Conti, alla Guardia di Finanza, alle procure di Taranto e Bari, all’Ispettorato del Lavoro ciò che ancora succede nella gestione della telecardiologia affidata al Policlinico di Bari.

Sostenendo, forse un po’ avventatamente le tesi del direttore generale del Policlinico, Vitangelo Dattoli, si è sovraesposto notevolmente nella conferenza stampa di presentazione del servizio. Era il 3 novembre del 2015. Ricorda? Dattoli rimarcava che il costo della telecardiologia non avrebbe superato i 600mila euro, ben al di sotto di quelli sostenuti precedentemente, e lei ribadiva: “Un sistema di telecardiologia apprezzato anche a livello europeo che ci dimostra come si può utilizzare bene il denaro pubblico per far funzionare meglio la sanità. Questo servizio oggi costa 600mila euro, un terzo di quanto è costato sino al 30 settembre ed è diventato un servizio pubblico”.

Facciamo insieme qualche calcolo, per dimostrare come Dattoli abbia detto un’altra verità a lei e a tutti i cittadini pugliesi. Bene, 400mila euro sono stati spesi per la sola manutenzione annuale del sistema Helis, quello non certificato su cui si basa la telecardiologia, seppure non siamo ancora riusciti a capire come possano venir fuori certe cifre. Altri 183mila euro sono stati dati alla coperativa Apulia GSS onlus (onlus?) per la somministrazione di cardiologi, chiamati a svolgere un monte di 3mila ore annue. Senza contare gli obbligatori 14.500 euro di irap da aggiungere per quelle prestazioni. Siamo già oltre i 600mila euro. La somma a volte può persino fare il totale.

A questo punto del conteggio, però, rimane fuori il pagamento degli altri cardiologi impiegati nella gestione del servizio, per un monte complessivo di ulteriori 14.500 ore lavorative, che a 65 euro l’ora (60 euro più 5 di irap), fanno altri 940.000 euro. A volerla dire tutta, al milione e mezzo e oltre  finora sommato, ci sono da aggiungere le bollette, le schede sim da pagare a Telecom, le spese di coordinamento, le pulizie, la manutenzione dei server, l’acquisto di 1.300.000 elettrodi monouso, solo per citare le più scontate.

E veniamo alla cosa che riteniamo più sconcertante: l’impiego dei cardiologi della coopertativa Onlus Apulia GSS onlus. Secondo quanto leggiamo nei documenti ufficiali, quelli che continuano a guidarci in questa delicata operazione di ricerca della verità, impegnativa e costosa sotto ogni profilo soprattutto perché fatta con le sole nostre forze, l’ex numero uno della sanità pugliese, Vincenzo Pomo (allegato 1) e poi Giovanni Campobasso (allegato 2), dirigente regionale del Programma Assistenza Ospedaliera, vietavano per iscritto l’impiego di medici di emergenza-urgenza forniti dalle cooperative.

A meno di una svista – può succedere -, non risulta un’ulteriore delibera che sconfessi le indicazioni di Pomo e Campobasso. Quest’ultimo, a differenza del primo, ancora in servizio. Vede, presidente, la telecardiologia è partita senza un numero adeguato di cardiologi (eppure Dattoli sapeva sin dal 2 aprile 2014, cioè da ben 19 mesi, che prima o poi il servizio sarebbe dovuto partire) e con problemi legati agli apparecchi utilizzati, come lei sa non solo tecnici. Sull’appalto vinto dalla Aliser al policlinico pende ancora un’indagine della magistratura e a Brindisi, sempre contro la Aliser, per altri presunti appalti truccati, la stessa Regione Puglia si è costituita parte civile.

Solo a servizio avviato il direttore generale Dattoli, stipula convenzioni retroattive con le altre Asl pugliesi. L’oggetto è la fornitura di cardiologi. Il 6 novembre, poi, ben 37 giorni dopo l’avvio della telecardiologia, spunta la delibera, manco a dirla retroattiva, con la quale il Policlinico acquisisce cardiologi dalla cooperativa Apulia GSS onlus (allegato 3). Perché firmarla il 6 novembre, ma renderla operativa dal primo ottobre? Probabilmente per sanare l’impiego dei cardiologi della onlus, fatto fino a quel momento, senza contratto e coperture di qualunque tipo, solo grazie ad “intese verbali”. Un genere di intese che non sembra siano ammesse nei contratti pubblici.

Fin qui una teoria, ma la faccenda si è ripetuta in maniera ancora più grave a nostro avviso. I cardiologi dell’Apulia GSS onlus, che per la solita trasparenza del Policlinico non si sa chi siano, hanno lavorato nell’Azienda sanitaria locale, quindi una struttura pubblica, abusivamente dal primo gennaio al 14 luglio del 2016 (allegato 4). Sì, perché la delibera che assegna alla cooperativa la fornitura del personale è del 14 luglio, con un affidamento diretto di 183mila euro, ben oltre la soglia dei 40mila euro permessi dalla legge per gli affidamenti diretti. Come se non ci fossero altri professionisti in tutta Italia capaci di fornire le stesse prestazioni.

In allegato alla delibera in questione, poi, spunta un’interessante lettera del 21 aprile a firma di Dattoli che risponde ad una nota del direttore del Dipartimento regionale della Salute, Giovanni Gorgoni, che a sua volta doveva rispondere ad una interrogazione consiliare promossa dal Movimento 5 Stelle (allegato 5). Gorgoni chiede a tutte le Asl, Policlinico compreso, se avessero mai fatto ricorso a medici forniti dalle cooperative. Era il dubbio dei pentastellati, forse come noi a conoscenza del divieto imposto da Pomo e Campobasso.

La cosa paradossale è che lo stesso Gorgoni ricorse a una cooperativa, ai tempi in cui dirigeva la Asl di Lecce. Presidente, sa qual’era la cooperativa? La Apulia GSS onlus. Cooperativa che si costituisce alla fine del 2014, ma dichiara solo il 25 maggio del 2015 l’inizio della propria attività, appena due settimane prima dell’assegnazione dell’appalto della Asl di Brindisi (siamo sicuri si sia trattato solo di una fortunata coincidenza) (allegato 6).

Ci sono ancora tante cose da capire. Sarebbe interessante, per esempio, verificare se i cardiologi del Policlinico o di altre strutture pubbliche, impiegati nella telecardiologia, rispettino gli accordi sindacali in fatto di prestazioni aggiuntive che, ricordiamo, prevedono non si possa superare le 96 ore annue e le 24 ore al mese (allegato 7). Poiché quell’accordo (a cui fanno riferimento le delibere di Dattoli), firmato dall’allora assessore Tommaso Fiore e dall’immancabile Vincenzo Pomo, oltre che da tutti i sindacati di categoria, porta la data del 19 gennaio 2012, ci viene il vago sospetto che sia stato dimenticato da coloro che, come i sindacati o il collegio sindacale del Policlinico, sono tenuti a vigilare sull’attuazione delle norme. E torniamo alla dichiarazione con cui abbiamo aperto quest’altro pezzo della nostra inchiesta.

Lo sforamento del monte ore, come può immaginare, è un altro costo aggiuntivo ai 600mila euro dichiarati inizialmente dal direttore generale Vitangelo Dattoli. Non vogliamo mettere troppa carne al fuoco. Ci sono ancora tante cose da dire. E le diremo, anche alla magistratura un giorno, semmai qualcuno avvertisse l’esigenza di ascoltarci prima di chiudere le indagini.