Assunta nell’azienda che gestisce la mensa all’interno della Bosch nonostante il marito, sindacalista rsu della Fim Cisl, sia in una delle commissioni che monitorano proprio quel servizio. L’imbarazzo è tanto, soprattutto perché siamo nel momento cruciale: il nuovo affidamento della mensa. A sentire gli operai, da più di un mese la qualità del cibo è migliorata, così come la varietà delle pietanze proposte. Sia chiaro, il sindacalista non ha nulla a che fare ufficialmente con il parere finale, ma è comunque in un evidente conflitto di interessi.

Senza contare il fatto che, secondo quanto abbiamo appreso, la neo assunta avrebbe già lavorato come interinale all’interno della Bosch. Pare che il sindacalista non abbia nessuna voglia di dimettersi, neppure per una questione di facciata, ma la situazione imbarazza e non poco la segreteria provinciale e regionale del sindacato, che in qualche modo dovrebbero intervenire.

La moglie dell’rsu è stata assunta mentre altri dipendenti, qualche mese prima, venivano spediti a casa anche dopo quattro anni di onorato lavoro. Sì, perché tra rinnovi e riposi forzati, avevano già raggiunto il limite per l’assunzione a tempo indeterminato. Alla ripresa dalle ferie la mensa si trasferisce nella nuova struttura, più grande perché adibita sia agli operai della produzione che ai dipendenti del centro ricerca Cvit, il fiore all’occhiello dello stabilimento barese. Per non farsi mancare niente, anche al Cvit lavorerebbe la moglie di un rsu, in questo caso della Uilm. Le mense adesso sono separate.

Ci vorrà nuovo personale e quindi è molto probabile che si peschi tra quanti adesso hanno un contratto a tempo determinato per rinforzare l’organico. Il problema non sarebbe insopportabile se si riuscisse ad assumere anche quanti hanno recentemente avuto il ben servito, in alcuni casi con difficili situazioni familiari alle spalle.

Se la Bosch non avesse drenato a più riprese fiumi di soldi pubblici, quindi di tutti noi, non staremmo a puntualizzare sui rapporti interni allo stabilimento del colosso tedeco. Il lavoro, però, va tutelato comunque, chiunque siano le persone coinvolte. I soldi, lo ribadiamo per i più distratti, in parte sono anche dei contribuenti. Ognuno, nella sua azienda privata, quando fa impresa coi soli soldi propri, può fare come gli pare, ma non è il caso della Bosch, che fin dalla sua nascita ha incamerato contributi e finanziamenti dall’Unione Europea, dallo Stato Italiano e della Regione Puglia.

All’interno della Bosch, quasi certamente all’insaputa dei vertici della casa madre, a Stoccarda, c’è chi ha ridotto le normali contrattazioni industriali e sindacali nella legge non scritta del più forte. Una legge secondo cui quelli che non hanno le spalle coperte, pur di mantenere il lavoro, digeriscono anche le ministre avvelenate.