di Antonio Loconte e Pasquale Amoruso

Alla “selezione della specie” voluta dalla Rsa Uil si contrappone la richiesta di 91 lavoratori della Fondazione Petruzzelli, compresi alcuni iscritti dello stesso sindacato, (a dimostrazione della spaccatura interna alla UIL), in cui si chiede l’apertura di un tavolo di confronto per capire di che morte dovranno morire.

Le strade che si profilano, sono essenzialmente due. A un ramo del bivio, quello dei lavoratori che firmano a proprio nome, c’è la soluzione vista dal sovrintendente Massimo Biscardi. Tra posti vacanti in pianta organica e rinuncia di alcuni vincitori di causa – per esempio i docenti di di scuole e cnservatori – con un maggior contributo da parte dei soci fondatori e l’innalzamento dell’organico funzionale alle originarie 171 unità, sarebbe possibile tenere tutti dentro. Nessun morto, al massimo qualche ferito, ma in questa situazione sarebbe davvero il male minore.

L’altra strada, quella indicata dalla UIL aziendale, è la difesa dell’operato di Fuortes e del Ministero che avrebbe douto vigilare. Strada che continua a essere contraria al buon senso e ad alcune sentenze della magistratura. Emblematico è ciò che è accaduto al Maggio Fiorentino. Lo scorso marzo, infatti, il giudice del Lavoro di Firenze ha obbligato la Fondazione fiorentina alla riassunzione di quattro dei quarantadue dipendenti inizialmente fatti confluire in Ales, come da Piano di Risanamento ex lege 112/2013. In sostanza, le motivazioni del Giudice che ha ordinato il reintegro si fondano sulla errata procedura adottata dal Maggio, che si è arrogato la discrezionalità su chi licenziare anziché osservare pedissequamente i dettati della legge 223/91 sui licenziamenti collettivi, che prevede l’equilibrio di tre criteri: anzianità, figli a carico ed esigenze organizzative. Il Maggio, secondo la sentenza, avrebbe dato valore preponderante alle esigenze organizzative senza spiegarne i criteri, anzi blindando con un determinato punteggio una cinquantina di inamovibili.

La posizione della Uil appare quindi ingiusta, oltre che perigliosa e a danno delle già fragilissime finanze della Fondazione Petruzzelli. Tra i punti contestati ci sono proprio i criteri della presunta qualità previsti dal sindacato per la selezione dei lavoratori da confermare e quelli da spedire a casa.

I concorsi sono uno strumento “trasparente” per assumere personale, ma non in assoluto il sinonimo di qualità permanente. Il concorso è la fotografia in un dato momento e cristallizza il il migliore su una platea circoscritta ad un dato numero di partecipanti. Prova di ciò è stato il fatto che nell’ultimo concorso del 2015, ben il 55% dei vincitori del bando del 2012 indetto dall’allora commissario straordinario Fuortes, non ha superato la prova concorsuale e quindi non è stato confermato.

Diversamente, il legislatore fin dal 1992 all’art. 9, comma 5 della Legge 498, ha approvato una norma di legge specifica per gli allora Enti Lirici e sottoscritta anche dalla UIL nel CCNL delle Fondazioni Lirico Sinfoniche, con l’accordo del 23 luglio 1993. Legge attualmente valida, che dispone il potere di verifica, in capo ai Sovrintendenti e Direttori Artistici, dei requisiti di idoneità del personale in servizio.

La posizione della Uil, firmata dai soli rappresentanti sindacali aziendali appare dunque solo un pretesto per avvalorare scelte scriteriate e senza senso fatte in passate, a difesa di posizioni preconcette, che già si sono dimostrate soccombenti davanti al giudizio di un Giudice. La strada della Uil è balzana e il fatto che anche alcuni dei propri iscritti abbiano firmato la richiesta del tavolo di concertazione con il Sovrintendente ne è la prova più lampante.