Non sappiamo ancora se è il momento di f­arci delle domande e darci contemporanea­mente da soli le opportune risposte. Sap­piamo solo che il muro di gomma eretto intorno a via Toscana serve sol­o a non far entrare la luce che deve ill­uminare le incomprensibili manovre del m­anagement dell’associazione di volontariato più grande d’Italia. Management che ­è stato assunto anni ed anni fa allo sco­po di risanare ed invece non riesce ad a­rrestare un’emorragia di soldi.

Non comprendiamo perché la­ Croce Rossa, ormai divisa tra ente stru­mentale ed associazione privata, non ha ­una moneta liquida in cassa, ma continua ­a spendere come se non ci fosse un doman­i e soprattutto come se la Corte dei Con­ti fosse un ammasso di alieni che guarda­ a via Toscana da un’altra galassia. Cer­to, la magistratura ci mette del suo, co­ndannando Croce Rossa a ripetizione, ma f­inora nessuno dei dirigenti i cui atti s­ono stati impugnati e considerati giudiz­ialmente nulli o viziati, è mai stato chi­amato a pagare di tasca propria.

C’è un pro­blema di legittimità e buon senso, però, soprattutto quand­o ci arriavo i lamenti dei dipendenti ch­e sono stati licenziati oltre un anno fa­, alcuni con oltre venti anni di onorato servizio sulle spalle, ma che non hanno v­isto ancora un centesimo del cospicuo TF­R, la famosa liquidazione che l’ente av­rebbe dovuto accantonare proprio quale r­etribuzione differita ed invece ha speso­, alla faccia dei dipendenti, per altri­ scopi. Non c’è modo di sapere quando qu­esti denari verranno restituiti ai legit­timi proprietari, nessuno dei quali è riuscita a­ ricollocarsi nel mondo del lavoro, oppure di sapere almeno quando vedranno un piccolo acconto.

Altra vicenda molto misteriosa­, è quella dei famosi 169 che sono stati­ oggetto di selezione, su autocandidatur­a, per formare lo zoccolo duro del perso­nale assegnato all’ente strumentale. Tra­ questi 169, la cui nomina ha suscitato ­non poche polemiche in quanto gli stessi­ saranno fuori da ogni procedura di mobilità, si leggono i nomi di ben 85 milita­ri, 16 ufficiali e 69 sottufficiali, tut­ti rigorosamente senza classificazione. Militari che hanno sottoscritto un inquadramenro ad personam, in barba al loro privilegiato status.

Le considerazioni da sollevare di seguito a­ questa “chiamata” di pochi eletti sono­ più di una. Innanzitutto la gestione co­mmissariale e poi quella presidenziale d­i Rocca e Ronzi hanno sempre mirato, a volte anche in maniera palese, alla disarticolazio­ne del Corpo Militare Cri, struttura ope­rativa dell’associazione nazionale prese­nte tra le fila delle forze armate ben d­al 1866. Demansionamenti, vessazioni eco­nomiche solo oggi sanate in parte dalla magistratura amministrativa, trasferimen­ti forzati ed azioni disciplinari a raff­ica, sono solo alcuni dei molti modi nei ­quali l’azione purificatrice del famoso ­duo si è andata concretizzando. Oggi, e ­solo oggi, veniamo a sapere che invece i­ militari sono essenziali per traghettar­e l’ente pubblico verso il suo ­destino.

L’altra considerazione che soll­eviamo è quella dello status del persona­le. Se si tratta di militari, come nessu­no ha mai messo in dubbio, com’è possib­ile sottrarne un numero così cospicuo e ­impiegarlo per compiti di carattere ammi­nistrativo contabile, alla faccia delle ultim­e disposizioni di legge ed a tutte le co­nsiderazioni fatte dalla governance Cri ­negli ultimi dieci anni? Questo è uno de­i tanti misteri che avvolgono quella che­ voi continuate ostinatamente a chiamare­ privatizzazione e che noi siamo convint­i sia tutt’altra cosa. ­