Non c’è pace per i dipendenti della Croce Rossa Italiana. Stavolta la mano che ferisce è quella dell’onorevole Donata Lenzi (PD), che in un emendamento alla legge di stabilità per il 2016 ha chiesto che vengano congelate tutte le azioni esecutive da attuarsi nei confronti dell’Ente per conseguire crediti accertati giudizialmente. La cosa ha fatto sobbalzare i dipendenti, che secondo le scadenze imposte dalla legge di riordino, si apprestano a passare l’ultimo Natale con la divisa rossa addosso. Nel caso in cui l’emendamento dovesse essere accolto, tra i crediti che non si potranno azionare ci sarebbero anche quelli di lavoro, frutto di anni di cause mosse contro interpretazioni erronee degli uffici del Comitato Centrale di Croce Rossa e per rivendicare diritti retributivi e di carriera mai riconosciuti, attribuiti invece dalla magistratura, in tutte le sedi di giustizia.

L’approvazione dell’emendamento sarebbe una grave ingiustizia, non solo per i lavoratori che hanno ottenuto sentenze a loro favorevoli passate in giudicato e delle quali diventa impraticabile la strada dell’esecuzione forzata del credito. I penalizzati, infatti, sarebbero altri. Esistono alcuni militari di Croce Rossa che devono restituire somme indebitamente percepite negli anni non per loro colpa: tali importi sono stati rateizzati e vengono addebitati mensilmente in busta paga. Già a loro non è stato consentito di compensare il proprio debito con un maggior credito derivante dalla stessa causa, cioè da retribuzioni non conteggiate e non pagate pur avendone maturato il diritto. Su questo in molti si sono dovuti appellare alla Giustizia, che gli sta dando man mano ragione.

La cosa bizzarra è che la Croce Rossa Italiana quando deve prendere lo fa senza indugio, sottraendo dalle buste paga dei propri dipendenti quello che c’è da sottrarre, mentre quando c’è da pagare si fa difendere dal Governo contro gli stessi suoi dipendenti. Il fenomeno più preoccupante, però, è un altro. Il blocco delle azioni esecutive è previsto dalla legge nazionale nel caso in cui un azienda o un Ente versi in uno stato di decozione particolarmente rilevante, non possa far fronte alle proprie obbligazioni e non sia in grado di proseguire con l’attività ordinaria. Nel caso in cui il magistrato dovesse rilevare questa evenienza, una qualsiasi azienda sarebbe dichiarata fallita e un qualsiasi ente verrebbe ammesso alle procedure di concordato o liquidazione coatta, con il congelamento del patrimonio, appunto il blocco delle azioni esecutive individuali e la nomina di un curatore o di un commissario liquidatore.

Dovessere essere approvato l’emendamento ciò significherebbe che, fuori da ogni ordinaria procedura legale, il Parlamento consideri l’esperimento Rocca, quello della privatizzazione mascherata da riordino, un episodio fallito, una procedura abortita. Non solo si aprirebbe la graduazione dei rimborsi per i dipendenti che avessero maturato crediti accertati giudizialmente, ma tutto il resto del patrimonio andrebbe svenduto attraverso la procedura di liquidazione dell’attivo. Il fallimento della attuale governance, da noi più volte annunciato, sta diventando una realtà.

La cosa che più infastidisce ed addolora è che né il Governo né il Parlamento vogliano giocare a carte scoperte, dichiarando quale sia la strada che intendono intraprendere e vogliano renderne edotti prima i cittadini e poi i lavoratori di Croce Rossa. A cosa serve bloccare l’esecuzione giudiziaria su crediti accertati e non più discutibili senza mettere un freno alle spese pazze, le ultime da noi denunciate proprio in questi giorni, ed alle continue erogazioni di denaro pubblico nei confronti di società nazionali di altri Stati?

L’associazione di volontario più grande d’Italia non è cosa di qualcuno, è patrimonio di tutti i volontari che in tre secoli l’hanno costruita e di tutti i cittadini che da tre secoli la vedono al proprio fianco quale punto di riferimento nel settore della prima assistenza ai più vulnerabili e caposaldo di un’educazione sanitaria sempre più necessaria. La svendita è iniziata, adesso è la volta della liquidazione coatta. Quali medaglie potrà appuntarsi al petto l’ex commissario governativo e poi Presidente Francesco Rocca non riusciamo proprio a capirlo. A questo punto gli auguriamo di godersi lo spettacolo dal suo ufficio con il meraviglioso televisore appena comprato con i soldi di tutti.

Intanto su Facebook l’onorevole fa sapere che: “L’emendamento non è pensato per danneggiare la Cri, ma per aiutarla. Il blocco delle esecuzioni cerca di salvarla dal tracollo finanziario e la maggioranza dei creditori non è fatta dai lavoratori. Sul resto ho cercato di uniformare alle province il più possibile. Quanto al rimpianto di quando si era pubblici ne comprendo le ragioni, ma si trattatava di un ente commissariato 25 anni su 30. Non si può certo dire che questo sia segno di salute”.

Ha ragione onorevole, ma nemmeno le attuali condizioni sono il segno di uno stato di salute nemmeno lontanamente accettabile. Si è fatto un disastro e non si ha il coraggio di ammetterlo. A pagare, come sempre, non sono quelli ai quali bisognerebbe addossare le colpe e chiedere ristoro.