La Croce Rossa Italiana non ha una grande fortuna quando si tratta di frequentare le aule di Tribunale. Questo fatto non è una nostra opinione ma l’elemento che ricaviamo leggendo gli atti. Prima della presentazione fuori termini del ricorso per non perdere il servizio 118 del Lazio ci sono stati anche problemi con i tribunali siciliani. La Sicilia è la regione italiana dove Croce Rossa oltre a lasciare il cuore per la questione dei migranti, che su quelle spiagge approdano a migliaia, ha lasciato anche un sacco di soldi.

Nel 2010 il Tribunale di Palermo ingiunge alla regione Sicilia di pagare in favore della Croce Rossa Italiana oltre 42.400.000 euro. L’anno dopo lo stesso Tribunale emette un altro decreto ingiuntivo, sempre contro la regione Sicilia ed in favore della Cri, per oltre 22.000.000 di euro. Naturalmente la regione Sicilia ha impugnato i due decreti ingiuntivi che sono stati annullati dal Tribunale di Palermo per difetto di giurisdizione.

La Croce Rossa Italiana ha perso, per effetto di una delle tante riforme del Codice di Procedura Civile, il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato nelle cause civili di primo grado, a meno che il loro esito sfavorevole non possa cagionare situazioni che rivelino “gravi riflessi economici”. Quindi, dopo aver azionato questi diritti davanti al giudice sbagliato, la Croce Rossa si rivolgerà ad un professionista del Foro di Firenze, che magari con la Sicilia c’entra poco ma sarà sicuramente più fortunato. Tutto ciò per tentare di incassare queste somme – ripetiamo quasi 65 milioni di euro – di crediti maturati quando era ancora in piedi la SI.S.E. La Siciliana Servizi Emergenza, ricordate?

Era la società costituita dal vulcanico presidente regionale Guglielmo Stagno D’Alcontres che ha recentemente patteggiato la pena di due anni di reclusione davanti al GUP del Tribunale di Messina, sospesa, per l’ipotesi di peculato relativa a spese non inerenti l’attività aziendale, realizzate mediante l’uso della carta di credito societaria. L’attuale presidente di Croce Rossa, Francesco Rocca, cercò di fare luce, appena insediatosi nella poltrona di commissario straordinario a via Toscana, sulla gestione della spa siciliana che lui stesso definì “il regno del Bengodi”, tanto da nominare nel cda dell’azienda il suo fedelissimo Flavio Ronzi il 25 febbraio 2010 e farlo dimettere il successivo primo aprile.

La Sicilia è da sempre spina nel fianco, almeno dal punto di vista delle spese e dei mancati incassi, per gli uomini di via Toscana, che sperano proprio ed in maniera ardente, di poter rimettere le mani su quei milioni di euro per i quali, non esistendo la certezza della prova scritta della debenza, il nuovo legale incaricato dovrà ricorrere ad un giudizio ordinario, seguendone tempi e modi. Sullo sfondo di questo teatrino si cosuma il dissolvimento di una tradizione di sacrificio ed abnegazione che ha attraversato tre secoli di storia italiana per terminare ingloriosamente con un procedimento che continuate a chiamare, se volete, “privatizzazione”.