Francesco Rocca, presidente nazionale Croce Rossa

Prima o poi tutti i nodi vengono al pettine. A quel punto nemmeno le coperte troppo corte si possono rammendare. E non basta dipinderci per l’ennesima volta – in questo caso nell’ultimo Consiglio nazionale di Senigallia – un giornaletto da quattro soldi che perseguita la Croce Rossa. Lo hanno capito in tanti, gli altri fanno finta, non perseguitiamo l’ente, cerchiamo solo di fare chiarezza nell’assurdo pantano che si è venuto a creare. Il processo di risanamento dell’Ente pubblica Croce Rossa Italiana non è mai avvenuto fino in fondo ed il pareggio di bilancio, i famosi conti in ordine bandiera sventolata dal Commissario e poi Presidente Francesco Rocca, sembra non ci sia mai stato.

Non lo diciamo noi, che secondo il numero uno della Croce Rossa non siamo mai stati all’altezza di fare il nostro lavoro. Lo dicono le banche dalle quali i tesorieri di via Toscana sono andati a bussare cassa. Esiste una convenzione di cassa tra Cri e Bnl scaduta, ma naturalmente prorogata, come del resto anche la carica di Presidente ad ogni livello gerarchico nell’Ente (sottolineiamo quest’ultimo argomento per pura accademia). Una legge del 2013 autorizza l’Ente Cri ad utilizzare un’anticipazione bancaria fino a 150 milioni di euro per far fronte alle esigenze di cassa. Come sarà che a via Toscana si sono trovati improvvisamente poveri?

Dicono che il problema sia tutto nella stabilizzazione del personale che, porca miseria, vuole esser pagato e liquidato, almeno prima di andare via senza fare troppo chiasso. Poi ci ripensano, e addebitano l’emorragia di liquidi al perdurare di emergenze umanitarie nazionali ed internazionali; poi ci sono ancora le funzioni istituzionali, ma a farla da padrone c’è il contenzioso ante 2008, cioè quando la Cri non era commissariata dall’attuale presidente, e per il quale è già stata chiesta un’anticipazione di 48 milioni di euro. Insomma un bel casino, ma perché vi raccontiamo tutto questo? Perché se non ve lo diciamo noi, da via Toscana vi racconteranno la solita favola che sta tutto a posto. Niente sta tutto a posto, ivece.

Se non ve lo diciamo noi nessuno vi informerà dello scambio scambio di corrispondenza con la Banca Nazionale del Lavoro, alla quale i dirigenti di Cri fanno vedere un conto del 2014 con entrate pari a 425 milioni di euro e di fronte al quale i banchieri, scafatissimi personaggi, rispondono che a loro non interessano le partite di giro (andate pure su Wikipedia a vedere cosa sono), ma vogliono vedere la ciccia, le entrate consistenti e realizzate. Al massimo, dice la Banca a luglio, vi possiamo dare 72 milioni di euro. Certo, mica bruscolini, ma c’è qualcosa che non rende omogenee le contabilità di via Toscana con quelle della Banca Nazionale del Lavoro. I conti sono conti, non dovrebbe esserci modo di interpretarli. Così è, comunque, anche se non vi pare ed allora il Presidente di Cri, che è anche il direttore generale dell’ospedale IDI del Vaticano, si fa redigere da un eminente cattedratico un parere pro bono nel quale per sintetizzare dice: dateci un acconto, sarebbero 90 milioni di euro. Se questa fosse la premessa per una sana e robusta privatizzazione voi, ormai lo sapete bene, continuate a chiamarla così. Noi ci stiamo accorgendo che in realtà si tratta di un’altra cosa e purtroppo siamo rimasti in pochissimi a dirlo.