Vi abbiamo sempre raccontato che una delle “virtù” di questa nuova Croce Rossa è la doppia velocità che aiuta a distinguere il vecchio ente pubblico dalle nuove aps, le associazioni private che possono fare sempre come credono in barba ai famosi sette principi. L’ultimo esempio arriva dal fronte dell’occupazione.

Le associazioni private, per intenderci i Comitati Locali ed i Comitati Provinciali, hanno dato una buona sfoltita ai ruoli dei dipendenti, approfittando della scadenza dei contratti, fregandosene delle agevolazioni economiche, fiscali e previdenziali che venivano suggerite del famigerato decreto legislativo 178 e assumendo con contratto di collaborazione un vero e proprio esercito di persone senza alcun tipo di selezione ad evidenza pubblica, come avrebbero meritato le migliaia di volontari disoccupati che sgobbano dalla mattina alla sera piuttosto che stare a casa a girarsi i pollici.

I casi di anomalie nella gestione del personale stanno scoppiano a decine in tutt’Italia, a Milano come a Napoli e oppure a Roma, dove alcuni volontari, forse più volontari degli altri, sono stati elevati al rango di collaboratori del Comitato Provinciale e fanno gli stessi servizi che svolgevano prima, ma con in più la “paghetta”. Cosa che ha fatto indignare molto i volontari veri, quelli che utilizzano il tempo strappato al lavoro ed alla famiglia per fare completamente gratis le cose che fanno gli altri, i beneficati che stanno diventando sempre di più.

Croce Rossa è tornata ad essere la fabbrica di posti di lavoro che era una volta? Non pare proprio, almeno a leggere le sentenze, non quelle che pronuncia su Facebook l’inossidabile Flavio Ronzi quando attacca i giornalisti non compiacenti, ma quelle che scrivono i giudici veri, che addirittura nominano il superpoliziotto Franco Gabrielli, attuale Prefetto di Roma, quale commissario ad acta per curare l’adempimento di una sentenza che Francesco Rocca non vuole rispettare.

Si tratta della storia, triste come tutte quelle di diritti negati, che hanno vissuto ed affrontato 21 dipendenti di via Toscana, che dopo aver lavorato per anni in Croce Rossa Italiana, aver maturato il diritto alla stabilizzazione del proprio posto di lavoro, si sono sentiti respingere tale legittima istanza. Per avere giustizia, una frase tremenda se usata nei confronti dell’associazione di volontariato più grande d’Italia, la stessa che fa dei suoi tanto sbandierati sette principi, tra i quali l’umanità e l’imparzialità, l’asta su cui sventolare la propria bandiera bianca con la croce al centro, si sono rivolti al Tribunale che ha dichiarato in fase di appello, con sentenza passata in giudicato nel 2014, il loro diritto ad essere stabilizzati.

La decisione non è più impugnabile, ma Francesco Rocca fa orecchie da mercante; avrà pensato che sicuramente 21 lavoratori con i propri diritti violati non sono un suo problema, lui ha a cuore i lavoratori della Striscia di Gaza, mica quelli di via Toscana. I 21 in questione si rivolgono quindi al Tar del Lazio che lo scorso 28 agosto, con la sentenza 10956/2015, ne ordina la stabilizzazione nominando appunto il Prefetto di Roma quale “commissario ad acta” per sostituirsi eventualmente al presidentissimo in questione e stabilizzare i ricorrenti, i quali piuttosto che peregrinare per tribunali in cerca di giustizia avrebbero certamente preferito passare il loro tempo in altro modo. Per inciso, la Croce Rossa Italiana dovrà pagare, di tasca nostra, le spese di giudizio e un acconto, eventuale, sulle spese per il funzionamento dell’organo commissariale. Anche questa è privatizzazione, voi chiamatela comunque come vi pare.