Nei precedenti articoli vi abbiamo raccontato i presunti abusi e le storie di ordinaria impunità che ha vissuto la Circumetnea di Catania da quando l’Ingegner Virginio Di Giambattista, direttore del Trasporto Pubblico Locale, è stato incoronato Gestore dell’Azienda. Incarico affidatogli grazie all’approvazione dell’art. 21 comma 5 del D.l. 98/2011, convertito in Legge n. 111 del 15 luglio 2011. Una mossa ben studiata con la scusa di accelerare il passaggio dell’azienda alla regione siciliana. In realtà il piano perfetto dopo i primi tentativi falliti di scalzare l’ultimo commissario governativo. Di Giambattista, infatti, riesce nell’impresa di fare fuori Gaetano Tafuri. L’ex commissario governativo Tafuri aveva chiesto più volte al direttore del Trasporto Pubblico Locale Di Giambattista, di poter stabilizzare oppure fare dei concorsi riservati a tutti i precari della Circumetnea. Di Giambattista, con una mossa che non ti aspetti, risponde a Tafuri. In parole povere spiega che assunzioni, stabilizzazioni, accordi sindacali e variazioni di organico possono essere fatte solo sotto la propria responsabilità (lettera del 25 febbraio 2011, protocollata FCE il 7 marzo 2011 protocollo 2518). Dopo un tira e molla che passa attraverso due ricorsi al Tar, Tafuri viene liquidato dalla legge, che recita: “Tutte le funzioni e i compiti delle gestioni commissariali governative ferroviarie, sono attribuite alla competente Direzione generale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ed in base al quale, a far data dall’entrata in vigore del decreto, i commissari governativi nominati cessano dall’incarico e dall’esercizio delle funzioni”. In questo modo Tafuri è fuori e Di Giambattista può finalmente insediarsi. A quel punto comincia ad emergere una chiara strategia. Di Giambattista adesso è libero di fare esattamente ciò che aveva impedito di fare a Tafuri. Nonostante le pressioni su Tafuri, alla fine la Circumetnea non viene trasferita alla Regione Sicilia, dando inizio a una delle stagioni più buie dell’azienda. Scoppia l’assurda parentopoli, diventata presto caso nazionale. Talmente assurda da ritornare prepotentemente alla ribalta ogni volta che qualcuno decide di aprire il vaso di Pandora. Il meccanismo scelto per favorire amici e parenti è l’approvazione di due distinti regolamenti: uno esterno, che ha suscitato le perplessità ancora senza risposta dei senatori del Movimento 5 Stelle; l’altro interno, bocciato dal Tribunale Amministrativo di Catania. Intanto si arriva al 2013, l’anno tanto atteso, quello in cui si assiste alle mirabolanti carriere di sindacalisti e amici degli amici. Tutto grazie ad alcuni pareri chiesti al Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Pareri, all’occorrenza interpretai sotto il profilo privatistico o pubblicistico, spesso in contrasto tra loro. In mezzo ai pareri c’è la stipula dell’ormai celeberrimo accordo tra i sindacati e i vertici aziendali del 25 luglio 2012, quello che ha giustificato tutte le successive decisioni scellerate. Ci sono vecchie stabilizzazioni; nomine dirette senza alcun concorso; concorsi ad personam; concorsi pubblici senza nessuna riserva per il personale precario della pubblica amministrazione, militari, disabili, mobilità prevista dalla legge; promozioni già dichiarate illegittime dal Tar di Catania. Manca una regola e per capire cosa succeda c’è bisogno di aspettare i ricorsi al Tar e le relative sentenze dei giudici. Un mix di senza né capo e né coda di interpretazioni e applicazioni della legge in cui è difficile districarsi. In alcune circostanze si procede su strade impercorribili a una Pubblica amministrazione, con la certezza di gestire impuniti un’azienda di famiglia. I vertici dell’azienda, evidentemente in difficoltà, continuano a chiedere pareri pur di riuscire a fare concorsi di natura privatistica o pubblicistica a seconda delle necessità del momento e delle persone da piazzare. Nello stesso tempo la Gestione trova il modo di ottenere il finanziamento di due nuove tratte metropolitane, pubblica i bandi e aggiudica due lotti di lavori alla CMC (Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna), la stessa cooperativa al centro dell’inchiesta “Sistema”, avviata dalla Procura di Firenze sulla gestione delle grandi opere italiane. Di Giambattista non è uno qualunque. Come si può leggere in questo articolo di www.ilfattoquotidianoitaliano.it, pur non essendo indagato, entra di prepotenza nell’inchiesta che porta all’arresto di Ercole Incalza, il deus ex machina del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il fine della gestione Di Giambattista sembra essere quello della creazione di una pace sociale per evitare che qualche scontento potesse far inceppare la giostra. C’era bisogno di non fermare gli appalti per l’aggiudicazione delle nuove tratte delle metropolitane (Stesicoro-Aeroporto e Nesima-Misterbianco). Solo due primi lotti di circa 140 milioni di euro, su un totale complessivo di circa 800 milioni di euro. Da un lato gli appalti, dall’altro, però, bisognava consentire a dirigenti e sindacalisti di piazzare figli, parenti e amici dell’azienda. Il patto d’acciaio porta a una modifica sostanziale della pianta organica e delle mansioni. Ma questa è un’altra storia, che vi raccontiamo in un altro capitolo dell’avvincente vicenda della Ferrovia Circumetnea di Catania.