“Sebbene ogni trasloco e matrimonio doveva avvenire forzosamente di pomeriggio o di domenica; sebbene il corriere avesse difficoltà ad arrivare al mio portone per portarmi la bici impacchettata che arrivava da Milano; sebbene mi fosse impossibile cercare posto sotto casa per la mia unica macchina; sebbene mia madre non potesse arrivare col taxi sotto casa dalla stazione con i bagagli; sebbene tutta la zona circostante fosse congestionata dal traffico; sebbene alle tre di notte mi svegliava la bancarella che cade con fragoroso fracasso.

Sebbene si scivolasse sui gusci di cozze e vongole o sui gambi di sedano; sebbene le fondamenta dei palazzi fossero fradice per la quantità di acqua che si sono “bevute”; sebbene la puzza fosse insostenibile a tutte le ore del giorno (per non parlare di quando scioperavano i dipendenti dell’amiu); sebbene passare con il passeggino o con una sedia a rotelle per raggiungere il proprio portone fosse impossibile; sebbene dovessi proteggermi in caso di risse tra venditori con coltelli in mano,

a me quel mercato piaceva.

Quel mercato aveva un suo fascino perchè era storico, perchè era per strada, perchè era popolare e permetteva a mia madre, ormai settantenne, di fare la spesa a più tappe senza sobbarcarsi di pesi. Era una compagnia, un passatempo per chi era solo in casa e si affacciava al balcone. Lo è stato 6 giorni su 7 per 60 anni. Ed ora non c’è più”.

Claudia Cecalupo