Giovedì 27 gennaio alle 21:00 al Teatro Kismet di Bari è in programma La Pescatrice di Perle, dopo il debutto dello scorso 9 gennaio al Teatro Comunale di Ruvo di Puglia lo spettacolo scritto e diretto da Valeria Simone, interpretato da Marianna De Pinto con le scene e il disegno luci firmato da Michelangelo Campanale, già vincitore del premio della Stampa al Roma Fringe Festival 2021, sarà a Bari per la stagione 2021-22 del Teatro Kismet di Bari intitolata Tutto cambia.

Marianna De Pinto diretta da Valeria Simone porta in scena una riflessione sul collasso dell’etica partendo dall’esperienza di apolide e rifugiata della filosofa Hannah Arendt, una produzione della Compagnia Acasâ sostenuta dal TRAC_Centro di residenza pugliese.

La pescatrice di perle è colei che raccoglie i tesori del pensiero e della tradizione che erano andati perduti ed è in grado di renderli attuali, di utilizzarli, talvolta, per raccontare il mondo e o per interpretare, spiegare, i momenti bui del tempo presente. Questo voleva fare Hannah Arendt ed è così che definiva il suo lavoro intellettuale e il suo essere al mondo: il pescare perle dagli abissi del mare riconoscendone il valore incommensurabile. Costretta alla migrazione e ad essere un’apolide in quanto ebrea e perseguitata dalle leggi razziali, la Arendt fu costretta a lasciare il suo paese e la sua ‘lingua madre’, per andare prima in Francia e poi negli Stati Uniti.

La pescatrice di perle è uno spettacolo che parte dalla sua esperienza di apolide e di rifugiata attraverso la quale Hannah Arendt dà avvio ad una riflessione sull’umanità contemporanea irretita nelle maglie della burocrazia e caratterizzata spesso dall’assenza di ‘pensiero’: quell’attività della mente che attiva la capacità di giudicare e di distinguere il bene dal male. Tenendo conto della sua biografia di donna e pensatrice che ha attraversato il ‘900, che è stata internata in un campo di prigionia per ebrei in Francia e ha perso la maggior parte dei suoi amici, dovendo affrontare l’immane tragedia dell’Olocausto, lo spettacolo vuole ripercorrere la storia di quegli anni e guardarla attraverso lo sguardo e la vita di Hannah Arendt, dando attenzione a quegli elementi critici ancora presenti nel nostro tempo – ai rischi che la tradizione occidentale ci ha lasciato, alla fragilità del pensiero che fa tentennare le nostre società verso l’esclusione e le dittature.

Hannah Arendt non amava essere definita una ‘filosofa’, perché i filosofi si erano allontanati dalla sfera degli affari umani, creando quella pericolosa spaccatura tra pensiero e azione che ha caratterizzato il cuore della cultura occidentale. Lei si definiva una  pensatrice, una esperta di teoria politica; ed è così che lo spettacolo vuole raccontarla, una pensatrice appassionata degli affari umani e con un grande amore per il ‘mondo’.