Bitontina di nascita, laureata in giurisprudenza, cosmopolita per necessità. Dopo un lungo periodo passato nella “magica” Barcellona, ritorna in patria sempre più convinta che, quello della scrittura, sia un dono ricevuto per sé e per gli altri. Un dono capace di suscitare sentimenti ed emozioni e di dar voce al mondo interiore di chi legge o ascolta. Per questa giovane scrittrice, i premi e i tanti riconoscimenti ricevuti, sono motivo di orgoglio ma, soprattutto, la incoraggiano andare avanti per continuare a “parlare” di eternità al cuore della gente.

Poetessa e scrittrice, chi è Mariella?
«D’un fiato direi la mamma di Francesco e Sofia. Poi, e la successione temporale non intende sminuirne l’importanza, una che quotidianamente si mette in gioco per fare bene tutto ciò che si prefigge. Dalla professione alla passione per la scrittura. In effetti, mi sento molto scrittrice. Sono quelle cose difficili da spiegare. Si sentono e basta. Inoltre, c’è quella che io chiamo la mia dimensione spirituale. Fatta di ascolti profondi, intuizioni, e perché no, percezioni. Sono convinta che i sentimenti positivi provengano da Dio e che a Lui ritornino. E noi, in fondo, altro non siamo (o potremmo essere), che un mezzo di questa vivacissima dinamica».

Dimensione spirituale, di che si tratta?
«Deriva da un percorso cominciato circa 12 anni fa, quando vivevo a Bologna. Tante domande sulla vita, la morte, la natura dell’uomo mi fecero entrare in una profondissima crisi esistenziale. Poi, l’incontro con personalità affascinanti e speciali, mi ha portata a scoprire un modo nuovo di concepire l’esistenza. Una sorta di risveglio della coscienza. Un riscoprirmi guarita a livello spirituale. È stato bellissimo, ma soprattutto significativo perché ho potuto finalmente comprendere le ricchezze presenti in ogni uomo, che io chiamo doni».

Come ti scopri scrittrice e poetessa?
«La consapevolezza che lo scrivere fosse il mio specialissimo “dono” è venuta pian piano. Certo, sin da bambina, ho sempre intuito la mia propensione alla scrittura, ma l’ho sempre considerata come “la solita” passione dello scrittore. Solo successivamente ho compreso che c’era (e c’è) quel quid in più che mi permette di essere strumento per comunicare un dettato ben più profondo che deriva da altre dimensioni. Mi rendo conto che questi sono argomenti di frontiera, in genere non accettati. Ma i miei sono messaggi d’amore e di speranza rivolti a tutti e, in particolar modo, a chi è stanco e disperato».

C’è qualche dedica speciale tra le tue poesie?
«Le dedico a tutti i miei lettori. Tuttavia e non a caso, ho spesso incontrato mamme che hanno subìto la perdita di un figlio. Mamme speciali che combattono ogni giorno il dolore e che, con altrettanto coraggio, scelgono di continuare a vivere. Dopo aver ascoltato la storia di una madre che aveva perso la figlia, rimasi molto colpita, non tanto dalla storia, ma dal quel dolore che stranamente riuscivo a fare mio. Allora, in un momento di solitudine, chiesi al Cielo, quali potessero essere le parole, se fossero mai esistite, per consolare quella donna. Subito la mia voce interiore mi chiese di scrivere. Così è nata la composizione “Asciugami una lacrima”. Una tenerissima poesia che riprende quel dolore».

Scrivere, come dipingere, suonare uno strumento o comporre musica, sono talenti. E i talenti sono molto vicini alla realtà umana. Ma tu parli dei tuoi scritti come di carismi, legandoli, per questo, alla dimensione spirituale. Perché?
«Perché ciò che scrivo viene fuori così in fretta che non ho, a volte, il tempo di tenere la penna in mano o di digitare i tasti sulla tastiera. Tutto viene fuori così chiaramente tanto da sorprendere anche me. Senza errori, con parole ben precise. Né scontate né banali. A volte molto specifiche, perché spesso mi accorgo che, quelle parole, hanno un senso, che invece io ignoro, per coloro a cui sono dedicate o rivolte. In quegli attimi avverto tutta la grandezza di Dio e mi percepisco parte di questo processo. Una sensazione bellissima che mi proietta in un’altra dimensione dove tempo, spazio e materia non sono previste».

Rivelazione, un titolo davvero impegnativo.
«Rivelazione significa togliere il vero, svelare. E per me ha un duplice significato. Sono convinta che siamo in un’epoca in cui le nuove discipline olistiche e le nuove ricerche oltre frontiera siano un vero risveglio per le coscienze. Anche perché sono in molti ormai a desiderare un cambiamento radicale del mondo. Quindi un’epoca di rivelazione, dove togliere il velo a tutto ciò che blocca il nostro modo di essere, è diventata una esigenza a priori. Rivelazione è togliere quel velo sottile e fuorviante che ricopre la verità. L’unica che può farci arrivare all’essenza delle cose. Ma questo titolo ha anche un’altra storia poiché rappresenta l’incontro con una donna speciale. Una “mistica“ che mi ha fatto comprendere quanto il nostro pensiero sia arretrato. Poi, se vogliamo, “Rivelazione” riguarda anche un po’ me. Il mio personale svelamento. Un descrivermi “mezzo” fra realtà e trascendenza».

Un’autobiografia in piena regola?
«Rivelazione ha più significati per me. Sicuramente personale e poi al di fuori della mia sfera. Ma sempre in contatto con il Divino che costantemente mi guida. Chi legge il libro, in fondo, legge Mariella. Tutti i miei ricordi, belli e brutti. Come la violenza subita in tenera età o la tenerezza dell’incontro con mio marito Fabio e la straordinaria attesa della mia secondogenita. È da qui che intendo ripartire. Da quella che sono ora e da come vivo nella stretta relazione con l’Infinito che sperimento ogni giorno. L’obiettivo? Che il nostro modo di avvicinarci al mondo possa essere più accogliente a cominciare dal nostro arido e distante modo di guardarci negli occhi».