Trent’anni dopo il suo ultimo lavoro, Nico Mori torna alla scrittura con “Al confine di me”. Martedì 27 ottobre alle 18 il libro sarà presentato al Caffè d’Arte DolceAmaro. Con lui siamo tornati a quando ha smesso di scrivere dopo aver tenuto un corso per detenuti.

“L’incanto e l’orrore della vita raccontati attraverso la Poesia”. È ciò che avrà pensato Nico Mori, scrittore e poeta, quando nel 1986, inizio anno scolastico, per la prima volta, varcò la soglia del carcere di Trani con in mente un’idea precisa: insegnare Poesia ai detenuti.

Un progetto impegnativo?
Ero certo che la poesia e la cultura avrebbero contribuito in maniera determinante al reinserimento di molti detenuti. Li incontravo due volte a settimana. E loro, che odoravano di terra e sudore, come in un gioco, imparavano, lasciandosi andare.

Il primo incontro quali impressioni ti ha lasciato?
I ragazzi che mi trovavo di fronte assomigliavano a quelli di fuori ( stessi jeans , felpe e tute di marca). Ma con un peso invisibile dentro e lo sguardo di chi con la vita ha fatto a cazzotti. Eppure mi hanno accolto con sorrisi e voglia di imparare.

Un ricordo particolare di quel periodo…
Tante storie e tanti volti. Ma quello di Gavino mai potrò dimenticarlo. Era stato un pastore e amava la natura. Tra campani e siciliani che facevano gruppo perché appartenenti a clan e “famiglie”, lui era solo. Sardo e solo. Quasi a fine pena. Scuro di carnagione, capelli neri ricci. E amava scrivere.

Un incontro significativo?
Ci intendevamo a volo. Gli regalavo libri. Aveva fatto le scuole medie e si esprimeva correttamente. Scriveva di tramonti sul Gennargentu e di pecore “ filosofe” che si interrogavano sul senso della propria esistenza. Le sue poesie, lette dall’attore Rino Bizzarro (RAI 2 “La voce dei poeti”), hanno avuto tanto successo.

E poi?
Mi aveva detto che sarebbe tornato in Barbagia, che avrebbe comprato un gregge e che si sarebbe messo a scrivere poesie. Ero certo che l’avrebbe fatto. Invece, uscito dal carcere nè gregge né poesia e nè Barbagia. Infatti, dopo pochi mesi, leggevo sul giornale che Gavino era entrato in un clan della zona, aveva commesso crimini gravi ed era stato condannato all’ergastolo.

Mai più incontrato quindi?
Mai più. Ed io, in quel triste giorno di 30anni fa, decidevo di smettere di scrivere poesie e di insegnare scrittura poetica. La poesia, che avevo creduto “medicina dell’anima”, con Gavino, non aveva funzionato. Poi, dopo tanto silenzio, un nuovo e improvviso desiderio che mi ha portato a riprendere lo strumento della mia antica passione: la penna. È stato come un tornare indietro nel tempo. Così è nato “Al confine di me”, “delicata” raccolta di poesie e racconti inediti.