Ospite speciale dell’incontro è stato Shujaa Grahm venuto in Italia dalla California con la moglie per raccontare la sua esperienza di ex detenuto condannato a soli diciotto anni per un reato mai commesso. Shujaa non nasconde di aver avuto un’adolescenza difficile segnata dalla povertà, così come non nega di aver fatto parte di bande giovanili violente che lo hanno condotto più volte in riformatorio. A diciotto anni si trova per la prima volta nel carcere di stato, con detenuti più anziani e colpevoli di crimini ben più gravi delle sue bravate: il giovane decide di cambiare e si impegna per promuovere il riconoscimento dei diritti dei detenuti.

Probabilmente anche per questo, quando nel 1973 viene assassinata una guardia, risulta immediatamente colpevole; dopo due processi arriva la condanna a morte e il trasferimento nel braccio della morte dove rimane per tre anni subendo violenze gratuite, torture e il sistematico annullamento della sua dignità di uomo. Shujaa piange mentre ricorda quegli anni orribili e racconta che spesso ha desiderato e considerato realmente la possibilità di togliersi la vita. Tutto cambia quando il processo viene riaperto e porta all’assoluzione. Dopo undici anni di prigionia Shujaa è libero ma non dimentica i “fratelli” lasciati in carcere e ancora oggi, dopo trent’anni, organizza incontri e accoglie inviti di dialogo con i giovani incoraggiandoli all’impegno per la promozione di una giustizia vera, che prescinda dalle differenze etniche, culturali ed economiche, che non sia promotrice della violenza, che non accetti l’omicidio come forma di punizione, che non cancelli mai la dignità umana.

Il sogno di quest’uomo si sta lentamente realizzando ed è sicuramente fondamentale che la sua esperienza venga diffusa e diventi un esempio forte per i ragazzi, uno stimolo a costruire una società migliore. Quello di oggi è stato un incontro commovente che ha scosso notevolmente i presenti, il punto di partenza per tutti coloro che decideranno di impegnarsi come Shujaa ha fatto rischiando ogni giorno la propria vita.

Letizia Andresciani