A Taranto, una delle città più colpite dall’inquinamento ambientale, nel tentativo di rilanciarsi, è in arrivo una grande novità per garantire il bene più prezioso, l’acqua. Sarà, infatti, realizzato il più grande dissalatore d’Italia, per combattere due problemi: da una parte la necessità di acqua potabile per la Puglia, che ne importa il 90% da altre regioni, dall’altra un aiuto concreto contro l’emergenza siccità.

Ad annunciare la nuova opera è stato di recente il consiglio di amministrazione di Acquedotto Pugliese che ha appena approvato la gara, per 100 milioni di euro, per avviare un dissalatore ad osmosi inverse sulle sorgenti salmastre del fiume Tara che dovrebbe entrare in funzione entro metà del 2026. Questo corso, che scorre a nord est della città, ha una particolarità conveniente: la sua acqua salmastra è meno salata rispetto a quella marina, fattore che al nuovo impianto permetterà una consistente riduzione del consumo dell’energia elettrica.

L’opera avrà una potenzialità di circa 55.400 metri cubi al giorno di acqua potabile e produrrà ogni giorno l’equivalente del fabbisogno idrico giornaliero di 385 mila persone, praticamente un quarto di tutti i residenti del Salento. Il sistema, che tratterà 1000 litri al secondo, si candida sia come metodo per assicurare una fonte autonoma ed alternativa per l’acqua potabile pugliese sia come tutela per le possibili future crisi idriche.

“Questa grande opera italiana è frutto della visione strategica della Regione Puglia e delle capacità industriali di Acquedotto Pugliese, reattiva – sottolinea il governatore Michele Emiliano – nel mettere a frutto le opportunità del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza , anche grazie al lavoro svolto dall’Autorità idrica Pugliese. Con la sua realizzazione si potrà far fronte all’incremento delle richieste estive e si potrà ridurre nel contempo il prelievo della risorsa dai pozzi, contribuendo al miglioramento dello stato delle falde sotterranee. Un modo per conferire al nostro sistema di approvvigionamento idrico una maggiore resilienza e capacità di reagire alle crisi idriche, in un momento storico caratterizzato dai segni del cambiamento climatico”.

Per dimensioni, l’impianto risulterà il primo in Italia e avrà il grande vantaggio, in terra salentina, di permettere finalmente di ridurre l’apporto dei pozzi, già fortemente sfruttati. Come ha spiegato la direttrice generale di Acquedotto Pugliese, Francesca Portincasa, “si tratta di un’opera strategica che integrerà con acqua di ottima qualità la dotazione potabile. Potremo cominciare davvero a ridurre l’apporto dei pozzi. La differenziazione delle fonti per noi è fondamentale e questa infrastruttura, di altissima rilevanza strategica, è il primo passo verso la realizzazione di un’opera che è stata ritenuta talmente strategica per il sistema da essere cofinanziata con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Fondi che impongono rigidi tempi d’impiego e che siamo pronti a rispettare”. La scelta di di dar vita al grande dissalatore è in linea con l’obiettivo che, entro il 2026, si è prefissato Acquedotto Pugliese, ovvero quello di recuperare almeno 44 milioni di metri cubi di acqua anche grazie a un sistema di implementazione dell’economia circolare e l’accelerazione sulla transizione energetica arrivando “a produrre nel 2026 oltre 90 GWH di energia da fonti rinnovabili autoprodotta”.

Infine, anche se è ancora tutto sulla carta, c’è un altro dissalatore in Puglia che potrebbe vedere la luce in futuro: quello offshore destinato all’impianto siderurgico dell’ex Ilva. L’intenzione, annunciata dal ministero delle Imprese, è quella nei prossimi anni di effettuare possibili investimenti in parchi eolici che ingloberebbero sistemi per la dissalazione dell’acqua proprio destinati all’acciaieria e utili per un importante risparmio idrico.