foto di repertorio

Un intervento di routine poteva trasformarsi in una tragedia, a causa di un errore commesso dell’équipe medica che eseguì un taglio cesareo, lasciando nel corpo della donna per mesi una garza. A processo, per il fatto risalente al 2011, sanitari dell’Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale Miulli di Acquaviva delle Fonti. Nei giorni scorsi il Tribunale di Bari ha emesso la sentenza di primo grado, condannando a due mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, tutti i componenti dell’équipe, due chirurghi, uno strumentista e due infermieri, mentre il ginecologo di fiducia è stato assolto.

“L’intervento ha provocato lesioni personali, nello specifico perdita di 30 centimetri di intestino tenue mesenteriale, sindrome aderenziale addominale e pelvica con indebolimento permanente dell’intestino tenue, con l’incapacità ad attendere alle normali occupazioni per un totale di 690 giorni. Per mesi la donna ha dovuto convivere con dolori lancinanti, che non le hanno permesso di accudire il neonato, e solo nel luglio 2013 è stato possibile eseguire un nuovo intervento per rimuovere il textiloma. Siamo naturalmente soddisfatti della sentenza, che riconosce le responsabilità dell’equipe medica”, precisa l’avvocato Elviro Benvenuto dell’associazione Codici, in aula come parte civile insieme alla delegazione Puglia e all’associazione Codici Salute.

“Da anni siamo impegnati a combattere la malasanità – dichiara Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – e questa vicenda dimostra l’importanza di segnalare e denunciare. L’errore è clamoroso, un giorno di enorme gioia stava diventando un incubo ed in parte lo è stato, visti i dolori patiti dalla mamma nei mesi successivi al parto. L’errore dell’equipe si commenta da solo, bene il Tribunale a riconoscerlo ed a condannarlo. Continueremo a vigilare sulla sanità, per garantire i diritti dei pazienti e difenderli da errori purtroppo ancora frequenti”.