Lo storico Velvet Club di Rimini.

La Rimini degli anni ’90 aveva un’identità molto forte. Chi c’era, se la ricorda. Una porzione consistente di quell’identità passava anche attraverso la musica e le persone intorno alle quali essa si accendeva. Veniva accolta. E creava legami.

Per gli amanti del rock erano imperdibili le serate di Thomas Balsamini, prima allo Slego e poi al Velvet Club, che nel corso dei suoi ventisette anni di attività ha ospitato innumerevoli concerti e lanciato diversi gruppi italiani e internazionali.

Thomas è scomparso prematuramente dieci anni fa, ma continua ad essere un punto di riferimento per molti. Il suo impegno ancora si percepisce in profondità nella città romagnola e, proprio come gli ultrasuoni, si trasmette invisibile e riattiva connessioni vicine e lontane.

Ho fatto quattro chiacchiere con Lucia Chiavari, moglie di Thomas, che insieme ad altri amici sta organizzando il festival Ultrasuoni, dedicato a lui. Attraverso incontri, laboratori e concerti che si terranno in diverse aree della città, l’obbiettivo è esprimere il ricordo di Thomas con la vocazione che ha inseguito per tutta la vita: la musica.

Ciao Lucia, che piacere! Sono rimasta colpita dal nome che avete scelto per la rassegna musicale: Ultrasuoni. Insomma, frequenze non udibili dall’orecchio umano. A cosa fanno riferimento?
Ultrasuoni significa connessioni. Il festival nasce perché Thomas è stato attivo sulla scena musicale per trent’anni, e di conseguenza ha tessuto una fitta trama di rapporti umani. Si è formata una rete di persone, alcune affezionate dai tempi dello Slego e poi del Velvet, altre che si sono aggiunte dopo. Anche durante l’organizzazione ce ne siamo resi conto: si tira un filo e poi se ne raggiungono tanti altri. Abbiamo intorno a noi una rete di musica e condivisione che, come un ultrasuono, arriva a connettere tutti.

Nella stessa direzione va anche il tema che avremmo scelto per il festival: l’acqua.  Lo so, sembra una coincidenza assurda, perché naturalmente ci abbiamo pensato ben prima dell’alluvione che ha colpito la nostra regione e per la quale ci stiamo attivando.

L’acqua che intendiamo noi è “un altro ultrasuono” che unisce e che attraverso il suo corso ci accompagna tra i luoghi di Thomas, dal lago di Sant’Aquilina al RockIsland sul mare. Speriamo di contribuire per riabilitarne il significato: l’acqua è vita, è suono. Siamo sostenuti da Romagna Acque.

Dunque, “condivisione” e “reciprocità” sono i valori che si ritrovano anche nella storia e nel lavoro di Thomas?
Sì, Thomas ha avuto il merito di costruire una comunità. È emersa anche durante l’organizzazione del festival, nel supporto dei clienti storici del Velvet, e in quello delle band che si esibiranno al lago di Sant’Aquilina, dove il locale aveva sede, a titolo gratuito. Ci saranno i Subsonica, i Verdena e molti altri artisti legati a noi da un rapporto di stima e amicizia. Thomas al Velvet ha sempre collaborato con tutti, tantissime band emergenti avevano la possibilità di esibirsi e farsi conoscere. Si è stratificato un forte senso di unione, gratitudine e reciprocità. In tanti hanno qualcosa da restituire. È bello che nel nostro territorio questo sentimento sia così radicato.

Quindi anche l’organizzazione stessa si è rivelata “emotiva”. Pensi che un festival come Ultrasuoni sia in grado di connettere emotivamente anche la generazione di coloro che hanno vissuto gli anni ’80-’90, con quella dei ragazzi che vivono oggi il territorio e la musica?
Secondo me potrà esserci anche questo tipo di connessione “generazionale”! Certamente saranno presenti tanti amici che negli anni ’90 erano clienti fissi del Velvet e che ora hanno figli. Li porteranno di sicuro perché continuano ad essere “invasati” di musica e il Velvet è stata una parte importante della loro vita.

Poi, in ogni caso, abbiamo previsto anche laboratori ed eventi per i bambini.

Hai parlato di territorio: quanto sono importanti i luoghi per un festival come Ultrasuoni?
Sono fondamentali. Quando nel 2016 il Velvet ha chiuso abbiamo organizzato una tre giorni di musica proprio lì, nella sede storica di Sant’Aquilina. E adesso ci siamo chiesti quali potessero essere i luoghi più significativi. Sicuramente il RockIsland, a cui è legato anche il nostro collaboratore Andrea Gnassi, poi c’è il Baldoria, il locale che è stato realizzato dove c’era il Velvet. Tra l’altro, sarà la prima volta che la nostra direzione e quella del Baldoria lavorano insieme: insomma, si accende un’altra connessione! E poi diversi luoghi della città, come piazza Malatesta, dove suoneranno gli Skunk Anansie il 10 giugno, e piazza Francesca da Rimini.

In più, a proposito di luoghi, siamo stati contattati anche da Andrea Guerra, figlio di Tonino. Tonino Guerra parlava di luoghi dell’anima come quelli che non si visitano, ma si vivono. Ecco, per noi i posti rappresentano proprio questo: sono luoghi dell’anima. Abbiamo creato relazioni reciproche anche con Andrea, impegnato nel Festival dei Luoghi dell’Anima, col quale ci sarà permeabilità e collaborazione.

Per finanziare la manifestazione avete attivato un crowdfunding: è anche un modo per coinvolgere il pubblico a costruire qualcosa insieme?
Il crowdfunding è la via migliore per finanziare una manifestazione come la nostra, proprio perché contiene in sé il tema della partecipazione. Volevamo vedere la ricezione tra le persone del territorio ed è stata assolutamente positiva! Parte del ricavato, come concordato, andrà devoluto all’AIL di Rimini, poi stavamo cercando altre destinazioni. In seguito alla situazione dell’alluvione, vorremmo mandare aiuti anche a chi si occupa di questo, naturalmente. Per cui, spingeremo ancora per un po’ sulla raccolta fondi!

Il momento più atteso del festival è forse il concerto degli Skunk Anansie in piazza Malatesta, il 10 giugno. Come mai proprio loro?
Abbiamo pensato a una rockband internazionale che avesse un legame con la nostra storia e la nostra città. Gli Skunk Anansie hanno suonato più volte a Rimini, in particolare al Velvet. Pensa che il loro concerto al Velvet del 1997 è stato il primo evento sold-out del locale.

E poi, c’è anche una connessione emotiva con quella serata di ventisei anni fa: io avevo appena cominciato a lavorare lì e proprio durante il concerto è nato il primo figlio di uno dei nostri soci; mentre suonavano, eravamo tutti in attesa del parto. Insomma, c’è un significato profondo. Gli Skunk Anansie, inoltre, sono da sempre sono portavoce di messaggi di libertà e amore che noi condividiamo a pieno e ci impegniamo a esprimere.