La scena ritrae un episodio che per la morale cristiana ha rappresentato un atto di generosità oltreché di onore: una figlia allatta di nascosto il proprio padre, condannato a morire di fame in carcere. A renderlo un esempio di altruismo quasi salvifico c’è l’epilogo della storia, raccontata peraltro dallo storico romano Valerio Massimo. I secondini dopo averli scoperti, anziché punirli, restano colpiti dal gesto e rimettono l’uomo in libertà.

Di qui il nome dell’iconografia della “Caritas Romana”, grande scena di pietas ampiamente rappresentata in pittura e scultura nel corso della storia dell’arte, soprattutto nel Seicento, dai più grandi artisti tra cui Caravaggio, Rubens, e anche Artemisia Gentileschi, in quel clima di Controriforma che intendeva l’arte come uno strumento visivo, perfettamente funzionale all’esigenza di asservire e assecondare l’autorità vacillante della Chiesa Romana. Un po’ meno pietà l’ha mostrata Facebook nel censurare il dipinto eseguito dalla pittrice italiana negli anni ’30 del XVII secolo, immagine riprodotta nella locandina della mostra in corso a Conversano “Artemisia e i pittori del Conte”.

L’algoritmo del social più popolare, che va detto e ricordato è tecnicamente cieco, ha ritenuto l’opera inappropriata perché “mostra eccessivamente il corpo e presenta contenuti allusivi”; con questo messaggio automatico l’immagine è stata definitivamente rimossa dalla pagina ufficiale che sponsorizza l’evento. Non è la prima volta che Facebook si diverte “ciecamente” e meccanicamente a censurare opere d’arte, offrendoci aneddoti che sfiorano il ridicolo, se si considera la dilagante quantità di foto, dove il corpo non è esposto ed esibito “solo” in maniera allusiva, ma esplicitamente e volutamente volgare.

Episodi come questo quasi non si contano più: la stessa sorte è toccata a Rodin, Modigliani, Richter, figurativi contemporanei come Giovanni Gasparro e di recente persino Rubens; in qualche caso è accaduto che la sfortunata e incompresa opera sia stata riabilitata a comparire, ma per Artemisia non è stato così. Nonostante le segnalazioni fatte dagli organizzatori della mostra, la Caritas Romana non è stata “riammessa”. Il dipinto, oltretutto un inedito esposto per la prima volta al pubblico, è stato ritenuto dallo storico dell’arte Roberto Contini “il miglior pezzo di Artemisia meridionale”. Peccato che il sistema “inquisitorio” di Facebook non la veda alla stessa maniera e servendosi di un controllo automatico e cieco, poco avvezzo a distinguere un nudo artistico da un’immagine realmente oscena, in casi come questi non riesca a guardare oltre il proprio algoritmo.