Ogni volta che torno nella bella sala convegni dell’Archivio di Stato, all’ex Macello comunale, diventata, grazie ad un’ottima operazione di recupero urbano, una splendida struttura culturale, rispettosa delle peculiarità architettoniche originarie, ma senza, tuttavia, minimamente scalfirne le potenzialità di utilizzo, mi chiedo perché quel contenitore (che brutta espressione!) non sia meglio fruito, cioè maggiormente frequentato ed accorsato, in una città dove i “luoghi della cultura” scarseggiano e spesso sono totalmente inadatti.

Un esempio dell’inadatto? La sala Murat, che nasce come mercato del pesce. Si scopre, ad opera realizzata, che si son sbagliate le misure e non c’è spazio sufficiente per ospitare tutti i box necessari. Cosa farne? Ma sì, sala convegni ed espositiva: alla cultura gli avanzi del mercato ittico. Come vedete, cari lettori, gli errori di calcolo erano e sono una tradizione delle opere pubbliche comunali. Infatti, il ponte, recentemente inaugurato, che collega Via Tatarella proprio alla Cittadella della cultura, sul cosiddetto asse nord-sud, per errori di calcolo non sopporta il peso dei mezzi pesanti. Ergo, sulla circonvallazione ci becchiamo tutto il traffico pesante che quel ponte avrebbe dovuto snellire e dirottare verso il porto. Poi facciamo un bel referendum su come chiamarlo: bella tecnica di distrazione di massa, quando la massa, ovvero gli elettori, sono percepiti dal potere come gregge beota. Della sala Murat abbiamo appena parlato. Sul fortino c’è un altro capolavoro, con problemi insoluti di agibilità. Per non parlare di un silos per auto in piazza Garibaldi, con spazi inopinatamente destinati ad attività culturali: ipotesi, a giudicare dal silenzio calato sopra, miseramente fallita.

Se ben ricordo la Cittadella della Cultura in cui l’ex Macello comunale è stato trasformato e che ospita, oltre all’Archivio di Stato, la Biblioteca Nazionale Sagarriga Visconti Volpi, ha avuto all’inizio il suo momento di gloria e di attenzione da parte dell’assessorato regionale alla Cultura, all’epoca gestito da Silvia Godelli. Ma poi, passato il Santo, passata la festa. Meno male che nell’Archivio di Stato non mancano le iniziative e l’inventiva necessaria.

Già entrando, lo spazio espositivo, che entrambe le sere in oggetto ospitava la stessa mostra, assai ben curata, immette in una dimensione totalmente diversa dal trambusto quotidiano, dal quale ti sei appena allontanato varcandone la soglia. Quello spazio lo si deve necessariamente ed aggiungerei, opportunamente, attraversare per raggiungere la sala delle conferenze, che tra l’altro non mi è parsa acusticamente per nulla malvagia. Approfondiremo.

Lunedì 6 febbraio, quindi, dopo il saluto cordiale, da ottime padrone di casa, della Direttrice dell’Archivio di Stato, Antonella Pompilio, e della Presidente del Prometeo Festival, Rosa Capozzi, è toccato a Michele Cecere, del Club della Canzone d’Autore, entrare nel vivo dell’incontro, introducendo il moderatore della serata, il Collega Francesco De Martino, non senza aver prima illustrato le iniziative “storiche” del sodalizio da lui rappresentato. Francamente, mi sono sembrate piuttosto episodiche e senza un filo conduttore, ma sarò stato io a non cogliere. E’ seguita una breve l’esibizione musicale del chitarrista rock Piero Romano Matarrese (nella foto). Il brano? Pochi minuti di sue improvvisazioni: le definirei, un misto ben riuscito tra jazz e rock.

L’affermazione di Francesco De Martino, che sottolineava come nel rock barese e pugliese non siano presenti elementi emersi a livello nazionale ed oltre, ha suscitato la reazione di Pasquale Wally Boffoli (autore del libro) e del coautore Antonio Rotondo. Il primo ha citato i Folkabbestia, come esempio del contrario, il secondo, spaziando oltre le cinta della città capoluogo di regione, ha citato i Negroamaro e Caparezza. La provocazione (?), se tale era, è riuscita, la serata  si è animata e si è avviata celermente alla conclusione.

Giovedì 9 si è girato pagina e, pur trattandosi pur sempre della presentazione di un altro testo, è cambiato totalmente lo scenario. L’autrice è Anna Santoliquido, instancabile animatrice e Presidente del Movimento Donne e poesia. Il libro, una raccolta di poesie bilingue italiano-romeno, titola Casa de piatr/ La Casa di pietra e si è avvalso delle traduzioni di Razvan Voncu dell’Università di Bucarest. Nella serata verrà proiettato un Dvd o booktrailer, “Versi erranti”, realizzato da artisti vari per un omaggio all’Autrice del libro.

Anna, ci conosciamo bene da tempo, è artista poliedrica nella scrittura. Ha alternato alla sua più profonda passione, la poesia, la stesura di racconti, ha curato antologie e scritto finanche un’opera teatrale “Il Battista”. La poesia di Anna Santoliquido è certamente uno dei prodotti di eccellenza del nostro patrimonio culturale e lo dimostra il fatto che si è posta come un ponte ideale tra Bari e la Puglia, da un lato, e l’Albania, il Montenegro e la stessa Romania, dall’altro. Romena è infatti la casa editrice che ha pubblicato Casa de piatr/La casa di pietra. Dopo i saluti delle padrone di Casa Antonella Pompilio e Rosa Capozzi, l’autrice ne ha discusso con Francesca Amendola, saggista, e Graziella Todisco, docente dell’Ateneo barese. Una cicca “in esclusiva” per il Quotidiano Italiano:l’Autrice mi ha confidato, attimi prima dell’inizio della conferenza, ben sapendo di destare tutta la mia attenzione parlando di grande Musica, che Casa de piatr/La casa di Pietra è nato ispirato dalla visione e l’ascolto del Don Carlos di Giuseppe Verdi, messo in scena dal Teatro dell’Opera di Bucarest.

Entrambe le sere hanno registrato non molte presenze di pubblico. assenti soprattutto i giovani e la cosa deve far riflettere.