di Antonio Loconte e Pasquale Amoruso

Nelle scorse ore sulla pagina Facebook dell’assessore alle Culture del Comune di Bari, Silvio Maselli,  abbiamo letto questo: «Presso la cattedra di microeconomia, di una Università italiana, è stata oggi somministrata questa traccia: “Saggio. Il Comune di Bari ha recentemente deciso di diminuire l’imposta gravante sugli immobili utilizzati come cinema e teatri. Spiegare come vi attendete che si modifichi la funzione di produzione di questi esercizi, quale pensate che possa essere la reazione della curva di domanda, d’offerta ed il nuovo equilibrio nel mercato delle attività ricreative in città”. Bello no?!»

Non sappiamo di quale Università si tratti e non siamo studenti universitari, ma abbiamo voluto ugualmente provare a scrivere il nostro saggio, sotto forma di inchiesta giornalistica (ci stavamo lavorando da alcuni giorni). Chissà che voto ci darebbero.

Svolgimento:

Sarà stata la fretta di adeguarsi alle città più sensibili, di scrollarsi di dosso l’immobilismo degli anni scorsi, ma la riduzione “generale” dell’imu a cinema (soprattutto), teatri e altri luoghi dello spettacolo (pochissimi) per favorire lo sviluppo e la produzione di eventi culturali, a molti non è piaciuta e al sindaco Decaro sono già arrivate le prime lamentele. «Certo, può essere considerato un provvedimento sbilanciato – spiega Carla Palone, assessore allo Sviluppo Economico – ma era necessario iniziare. Adesso bisognerà pensare agli altri». Possibilità per molti, ma non per tutti.

Nell’occhio del ciclone è finita «La riduzione del 3 per mille dell’Imu in favore degli immobili compresi nella categoria catastale D3 (teatri, cinema sale per concerti, sale per gli spettacoli dal vivo), dotati di opportuna licenza di pubblico spettacolo, rispetto ai quali è possibile dimostrare lo svolgimento di attività nel corso dell’intero anno di imposta».

Ciò che non è stato tenuto in debita considerazione sulla riduzione dell’imu, è il fatto che i beneficiari sono i proprietari degli immobili, non chi si occupa di animarli quegli spazi. A Bari, nella stragrande maggioranza dei casi (ad eccezione dei cinema, lo ribadiamo), succede che le due entità siano separate. E nessuno può assicurare tanto ai gestori, quanto all’assessore Maselli, la conseguente e automatica misericordia dei proprietari, ai quali è stato consegnato in anticipo un bel regalo, che in molti ancora ignorano.  Abbiamo tentato di ricostruire la mappa – significativa, ma certamente incompleta – dei luoghi adibiti alla cultura:

Teatro Barium, proprietario diverso e affitto di 3.800 euro al mese; Teatro Kismet, proprietario diverso e affitto di 60.000 euro l’anno; il Piccolo teatro di Bari “Eugenio d’Attoma”, proprietario diverso e affitto di 9.500 euro l’anno; Teatro Purgatorio, proprietario diverso e affitto “considerevole” (ci è stato detto); Arena Airiciclotteri, proprietario diverso e affitto di 1.000 euro al mese nonostante l’utilizzo stagionale; Teatro Anonima Gr chiuso; Teatro Kursaal Santalucia chiuso; Cineteatro Royal chiuso da un anno, con un proprietario (le Ferrovie dello Stato) diverso dal gestore;  Cinema Odeon, chiuso; Teatro Di Cagno, proprietario diverso (non conosciamo l’entità dell’affitto); Teatro Duse, proprietario diverso e affitto di 1.100 al mese; Teatro Piccinni chiuso, di proprietà comunale; Teatro Margherita, sala da esposizioni di proprietà comunale; Sala Murat, sala da esposizioni di proprietà comunale; Fortino Sant’Antonio, sala eventi e convegni di proprietà comunale; Camerata Musicale Barese, ente artistico senza un immobile di proprietà per gli spettacoli; Eurorchestra, ente artistico senza un immobile di proprietà per gli spettacoli; Cinema ABC, di proprietà di Fondazione Bellisario (non sappiamo quanto paghi di imu); Teatro Petruzzelli, proprietà da stabilirsi in uso alla Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari; Cinema Ambasciatori, chiuso; Cinema Carella, chiuso.

Chi è proprietario e contemporaneamente gestore di cinema, teatri e altri luoghi adibiti all’attività culturale, si può contare sulle dita delle mani. Il Cinema Splendor è di propretà della Parrocchia del Santissimo Sacramento “don Fiore”, come il cinema Esedra, di prorietà della Parrocchia di San Giuseppe. Il Nuovo Palazzo è di proprietà, come il Piccolo di Santo Spirito. Il Teatro Forma, gestito dalla Fondazione Orfeo Mazzitelli è anch’esso di proprietà; il Teatro Abeliano è di prorpietà ad eccezione del suolo, paga circa 8.000 euro di imu (sconto di circa 3.500 euro); il Cinema Armenise, stesso prorpietario e 32mila euro di imu l’anno, avrà più o meno uno sconto 9.000 euro. Quelli a cui va meglio sono soprattutto i due colossi baresi del Cinema: il Multiplex Showville e il Multicinema Galleria.

Lo Showville, in assoluto la struttura cittadina più grande, di proprietà dell’Arvisa S.R.L. (in cui dentro c’è anche il proprietario del cinema Armenise, che ringraziamo per averci fornito le informazioni necessarie), paga complessivamente 106.000 euro annui di imu. In soldoni, la riduzione è di circa 32mila euro. L’altra struttura, il Galleria, ha una proprietà divisa in due parti uguali. Paga ogni anno circa 61.000 euro di imu, divisa in più o meno 30.000 per ciascuna delle due parti. Uno dei proprietari, però, non è gestore. La stuttura, infatti, viene portata avanti al 100% dai soci che detengono l’altra metà. In questo caso c’è un proprietario che, senza essere gestore, si ritrova a pagare circa 9.000 euro di imu in meno e c’è anche un gestore-proprietario che risparmia circa 9.000 euro l’anno d’affitto (quasi il 15% del costo annuo del fitto).

«È un’azione che richiediamo in maniera ufficiale da anni – spiega Francesca Rossini, direttore dell’Agis Puglia (Associazione italiana generale spettacolo) – per i nostri associati significa davvero molto. In tanti hanno fatto grossi investimenti per adeguare le strutture. Indipendentemente da chiunque fosse stato nominato assessore alla Cultura, era una cosa da fare. L’inizio giusto». L’assessore alla Cultura che ha spinto affinché Bari si adeguasse a città come Lecce e Milano, è Silvio Maselli, recentemente dimessosi da direttore dell’Apulia Film Commission, ancora segretario generale dell’Anica, la confindustria delle imprese cinematografiche.

E allora torniamo al Galleria e ai nomi di alcuni dei proprietari: i fratelli Lonigro (Luigi è direttore della divisione 01 distribution, praticamente Rai Cinema; Patrizia, invece, ha una casa di distribuzione che, tra gli altri, distribuisce Filmauro e 20th Century Fox); Santalucia Francesco è stato fino a qualche mese fa anche presidente dell’Anec, l’Associazione nazionale degli esercenti cinematografici della provincia di Bari; Roviglioni Filippo (ex amministratore delegato della 01 distribution, ora consulente).

Una questione di opportunità, mica niente di male, ci mancherebbe. Prima di lasciare la carica all’Apulia Film Commission, l’assessore Maselli, attraverso l’Afc ha contribuito alla produzione di decine di film, compresi alcuni targati Rai Cinema: “Amiche da morire”, girato tra Monopoli e Massafra; “Il sole dentro”, girato alla Baia di San Giorgio; “Il Pasticciere”, girato tra Leverano, Nardò e Porto Cesareo; “100 metri dal Paradiso”, girato a Torre Canne; “Allacciate le cinture”, girato a Lecce; “Il venditore di medicine”, girato a Bari (elenco preso dal sito dell’Afc).

Apulia Film Commission produce anche il Bifest, il Festival internazionale del cinema della città di Bari. Dal 2010 a oggi i luoghi in cui sono stati organizzati eventi e proiezioni sono per la maggior parte cambiati; si sono alternati, ad eccezione di uno, con tutte le sue sale (prima sei, poi sette): il Multicinema Galleria. Anche in questo caso niente da eccepire da un punto di vista formale.

Alla luce di quanto siamo riusciti a mettere insieme, è più facile comprendere perché molti operatori culturali baresi non vedano di buon occhio l’operazione imu. Si tratta soprattutto di quelli che devono sperare nella sensibilità dei padroni degli immobili. Chi visse sperando, però, sappiamo com’è morto. Ovviamente ci auguriamo di sbagliare. Perché non si è previsto in maniera altrettanto frettolosa una misura che desse ossigeno ai gestori delle attività culturali che non sono anche proprietari degli immobili in cui operano? Questo finora non è stato specificato, ma siamo certi che l’assessore Maselli e l’amministrazione comunale sapranno in tempi stretti ristabilire una certa equità sostanziale. Nel frattempo speriamo anche noi nella comprensione dei propietari degli immobili. In questo modo, forse, ci sarà davvero un equilibrio nel mercato delle attività ricreative in città, come chiesto nella traccia del saggio.