Nella bio definite il vostro genere musicale come indie-pop. Premesso che, cosa sia veramente l’indie nessuno lo sa, sembra una contraddizione di termini.  Che significa esattamente?

Giuseppe: “Indie sicuramente perché non abbiamo un’etichetta, non abbiamo un produttore vero e proprio, non abbiamo un manager, non abbiamo niente, in questo senso indipendente, non dobbiamo rendere conto a nessuno. Pop perché non siamo un gruppo di genere vero e proprio, non siamo un gruppo dark, non siamo progressive, non siamo funky, il pop può essere popolare quando è orecchiabile, quando va incontro ai gusti della gente in un certo senso…”
Dario: “Se andassimo a un festival indie, ci prenderebbero per un gruppo pop, se andassimo ad un festival pop ci prenderebbero per un gruppo indie, noi ci muoviamo in questa via di mezzo”.

Quindi il mistero dell’indie rimane fondamentalmente non svelato…

Giuseppe: “…anche perché non sappiamo nemmeno noi che cacchio significa esattamente! E poi non è vero che si è completamente indipendenti, all’interno del mondo indie ci sono delle regole ben precise, dei modi di lavorare, dei modi di promuovere la musica, un’immagine definita dei gruppi…per il momento tutto questo non ci riguarda”.

Quanto meno non lo siete nelle sonorità che vengono associate all’indie…

Dario: “Al momento va di moda la musica passivo-aggressiva (sic!) di queste persone che si tormentano, che sono depressi però si inca**ano, e noi non lo siamo per niente, per cui non possiamo proprio essere indie in questo momento. Magari in futuro se questi guariscono…”
Giuseppe: “Tanto le sonorità indie al momento non sono definite, però ci sono delle etichette che indirizzano un percorso generale, il canone è quello della Tempesta Dischi, di qualche cantautore siciliano, calabrese anche, giusto per dare un paio di riferimenti”.

E se dovesse arrivare una chiamata proprio dalla Tempesta?

Giuseppe: “Sicuramente non disdegniamo, anzi…”
Dario: “…ma anche dalla baracca records guarda!”
Giuseppe: “Sarebbe un riconoscimento di quanto fatto fino a ora”.
Dario: “Ma infatti guarda, noi per la musica ci sbattiamo tantissimo, non è che siamo proprio dei ca**oni, dei suonatori della domenica, per cui ci sta tutto che un giorno arrivi una benedetta telefonata. Anche nel disco che stiamo registrando, infatti, ci stiamo facendo guidare molto da chi ci sta seguendo, per cui ci sta che chi ti produce ti dia delle dritte, magari anche verso queste sonorità passivo-aggressive”.

Ho notato che avete indicato tra le influenze sia i Nirvana sia Luigi Tenco, decisamente agli estremi come modo di fare musica…

Dario: “Sia Kurt Cobain sia Luigi Tenco avevano lo stesso fuoco dentro, che ha bruciato in epoche diverse…”
Giuseppe: “…sempre un proiettile è stato comunque…”
Dario: “…è vero non ci avevo mai pensato, uniti anche nella morte, vedi, è indicativo di due personalità simili”.

Avete registrato una demo nel 2010. Perché il titolo in francese?

Giuseppe: “È colpa mia – ride – con la mia ragazza abbiamo scelto una fotografia di un fotografo francese come copertina. Nella fotografia originale c’è un cartello, in mezzo a un gregge di pecore, su cui c’è scritto la maggioranza siete voi, con un dito che indica le pecore. Noi lo abbiamo fatto nostro, indicando le pecore e dicendo voi volete gli Eternauti. In quel periodo ero fissato con le pecore”, scherza.

Evitiamo di approfondire l’argomento pecore…

Giuseppe: “Sì evitiamo che è meglio, comunque dai è una storia vecchia sono passati due anni, penso di esserne uscito”.

Mi ha colpito la presenza delle versioni remix nella demo, una cosa abbastanza inusuale…

Giuseppe: “Perché soldi non ce n’erano”.
Dario: “Gianlu tu naturalmente nobilita tutto quello che stiamo dicendo”.

Metterò qualche asterisco sulle parolacce…

Giuseppe: “Comunque questa è la verità. Aggiungi che in quel periodo eravamo rimasti senza batterista e Antonio non era ancora entrato nel gruppo, con Dario stavamo accarezzando l’idea di proporre i nostri brani in chiave elettronica”.
Dario: “Un discorso che secondo me potrebbe essere tranquillamente approfondito, ma loro sono contrari”.
Antonio: “Più che altro sono io contrario” ride.
Giuseppe: “È una cosa che solitamente faccio io, mi piace molto smanettare col computer, però non è la stessa cosa di suonare un pezzo degli Eternauti, non ti dà la stessa soddisfazione”.

Siete stati inseriti nella compilation ‘Meid in Puglia’ del 2011, come ci siete arrivati e che risultati vi ha portato?

Giuseppe: “Siamo stati contattati direttamente da Audiocoop per essere inseriti, e c’è stata una mini polemica su questo”.

Cioè?

Giuseppe: “Qualcuno si è sentito escluso e, sulla pagina di presentazione dell’evento, ha coinvolto i suoi fan nella pubblicazione di post del tipo perché questo gruppo non c’è? E quest’altro perché non c’è? È stato un po’ antipatico perché siamo stati costretti a spiegare le modalità di selezione della compilation e noi non avevamo contatti con nessuno, anzi, siamo una band abbastanza isolata, non abbiamo santi e padroni. Col tempo ci siamo fatti tanti amici, tanti gruppi amici anche, però è stato abbastanza antipatico”.

Questo significa che i gruppi baresi sono amici tra loro, cosa che non mi risulta?

Giuseppe: “Ti dirò, a Bari Bari, di gruppi sodali tolti una paio come La Pest3 o gli X-Fattones, non ne abbiamo”.

Ci sono dei mini-clan tra i gruppi baresi?

Giuseppe: “No, no. Bari è una piazza strana, non è che abbiamo suonato tantissimo a Bari…”
Dario: “Noi non suoniamo mai a Bari, sempre fuori in provincia, a volte ci spostiamo fuori regione, ma a Bari praticamente mai. I clan, le famiglie diciamo, sono le case discografiche piccoline che ci sono, giustamente appena possono inseriscono i loro gruppi ovunque, per cui senti qualcuno che suona cinquanta volte, alle manifestazioni che ruotano intorno a Puglia Sounds, in questo senso non abbiamo padroni”.

Tornando a ‘Meid in Puglia’, che risultati vi ha portato, è successo qualcosa dopo?

Giuseppe: “120 ascolti, forse 150, ma non c’è stato alcun seguito. Era una compilation che si poteva ascoltare in streaming sul sito di Audiocoop, ma è finita lì”.

L’estate scorsa avete suonato al Dirokkato Festival. Come si passa dal concerto per tremila persone al chiosco ambulante dei panzerotti?

Giuseppe: “È  stato bello, una delle platee più grandi dove abbiamo mai suonato, palco serio, abbiamo aperto Dente, una bella storia. Però dopo che ti senti una strafigo sul palco, hai suonato anche bene magari, scendi e non ti ca*a nessuno, vai a comprare il panzerotto e basta. Ovviamente a questi livelli, per avere un po’ di riscontro dalle persone, ne deve passare di acqua sotto i ponti.”
Dario: “È brutto a volte, in queste manifestazioni, hai tutta l’adrenalina in circolo e devi suonare tre o quattro pezzi al massimo, finisce tutto all’improvviso…”
Giuseppe: “…sono delle scariche vere e proprie, come fare un incidente, io che l’ho fatto ti giuro che è la stessa cosa”.
Dario: “Diciamo che le metafore sono tante, io ne avrei usata un’altra, stai proprio lì col fiatone…”
In effetti, a giudicare dalle risate, l’immagine più calzante è un’altra, ma su questo meglio evitare commenti.

È successo qualcosa dopo il concerto? Si è mosso qualcosa?

Giuseppe: “Qualche fan in più…”
Dario: “Abbiamo venduto due spillette  – ridono – e con quei soldi abbiamo comprato i panzerotti”.

Avete scritto su FB “stretti tra l’incudine di chi non ti paga i concerti e il martello di chi ti propone servizi a prezzi esorbitanti!!!” Vi hanno proposto interviste a pagamento?

Giuseppe: “No, no. Ci hanno proposto di suonare gratis ad una sagra del mio paese di origine, Noci, e abbiamo rifiutato. Altre volte lo abbiamo fatto, ma in questa occasione particolare, intorno a noi sarebbero girati migliaia di euro, perché era comunque una manifestazione a scopo di lucro, per questo ci siamo un po’ lamentati. In quel periodo, poi, ci proposero il servizio di promozione a prezzi piuttosto elevati per quelle che sono le nostre casse e il nostro approccio con le persone. Tutto qua, da una parte questi che ti sfruttano, 50 chilometri con le macchine cariche di strumenti in cambio di una bottiglia di vino da dividere in quattro, e dall’altra questa proposta a prezzi piuttosto elevati per band emergenti”.

Ho letto che state registrando il primo album, come mai ci state mettendo così tanto?

Dario: “Intanto è registrato interamente in analogico, bobine, registratori, materiale vecchio di trent’anni fatto resuscitare, soggetto anche a rotture. Il fonico è andato a Parigi a prendere un mixer da cui doveva smontare solo un pezzettino per sostituirlo nel suo che si era rotto. Poi c’è stato anche un trasloco in mezzo, insomma tra una cosa e l’altra se ne sono andati due anni. È un tipo di lavoro che comporta una marea di tempo, non come il digitale dove fai presto a tornare indietro se sbagli qualcosa”.

Siamo in dirittura d’arrivo?

Giuseppe: “Stiamo registrando le tastiere con Claudio, che si è aggiunto in corsa, e sta dando anche un carattere diverso ai brani, infatti ripubblicheremo anche i brani della demo. Saranno 11 pezzi, ancora non sappiamo come si chiama, però sta venendo benissimo”.
Dario: “Per la cronaca, oggi il fonico mi ha detto che si è rotto qualcosa, non so cosa, ma si è rotto. In primavera comunque dovrebbe uscire. Spero”.

Evidentemente ci siamo quasi, visto che gli Eternauti hanno lanciato una divertente campagna di crowdfunding che li ha portati dritti dritti dietro le sbarre. Andando su musicraiser si può seguire la raccolta e scoprire perché.

Gianluca Lomuto

Riprese e montaggio Gianluca Lomuto Giovanna Mezzina

 

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Line up
Dario Bissanti, Voce, chitarra, testi
Antonio Attolini, Batteria
Giuseppe Carucci, Basso
Claudio Fusillo, Tastiere

Fotografie Giovanna Mezzina