Una delle politiche per la popolazione barese under 30 è un progetto che prende il nome dal gioco di parole che unisce il cosiddetto cap, ovvero il beccuccio delle bombolette spray presente anche nel logo, al codice di avviamento postale comunale, a segnare una conciliazione tra le due realtà. L’iniziativa è stata promossa dall’associazione V-Roots e mira a regolamentare la pratica artistica di strada onde evitare che si possano ledere monumenti e palazzi storici.

Chi ne farà richiesta verrà inserito nel primo albo dei writers in Italia, ci tiene a sottolineare il sindaco, in una città che necessita di colore e creatività, oltre che di riqualificazione degli spazi urbani e periferici. L’albo attualmente conta già una ventina di artisti che nelle loro realizzazioni sono soggetti a un rigido codice di comportamento che impedisce ad esempio di realizzare opere offensive, discriminatorie e contrarie al decoro o alla pubblica decenza o veicolare, attraverso l’arte, messaggi pubblicitari e propagandistici  di ogni sorta, espliciti o impliciti. Pena la revoca della concessione.

In realtà la street art è una pratica complessa e variegata, non solo nelle forme, ma anche negli intenti. Se molti writers infatti hanno accettato di buon grado la concessione di uno spazio e le limitazioni contenutistiche da essa derivate, altri invece guardano al progetto come l’ennesima pratica normalizzante nei confronti di un’arte considerata necessariamente lontana da l’art pour l’art, ma che al suo interno deve poter essere libera di esprimere dissensi e disagi come e dove meglio ritiene. Non bisogna dimenticare infatti che la street art è una pratica sorta nelle periferie in cui l’arte si configura come unico mezzo di protesta ed espressione del disagio che non sia la violenza.

Bruna Giorgio