Il testo, che rievoca sottilmente Henry James in “Giro di vite” e Henrik Ibsen in “Casa di Bambola” e “Gli Spettri”, complice l’intimità calda e accogliente del politeama bitontino, coinvolge il pubblico nella vicende traumatiche della protagonista, Susanna, che fin da bambina tenta di fuggire la mediocrità di una vita di provincia, di rompere la tradizione dei nomi di nonni tutti uguali, decidendo di farsi chiamare Susan.

In una scena di surreale immobilità, che rende immediata la dimensione del sogno, si svolge il primo atto: due lampade, due sedie, Susan donna e Susanna bambina si guardano, si studiano alla ricerca di ricordi di un tempo passato, dimenticato e abbandonato. Il corpo di ballo e le musiche di Carmen Montagna rimarcano il dolore straziante della malattia, la gioia della guarigione, il baratro della paura e degli attacchi di panico che impediscono alla protagonista il ritorno alla vita così duramente conquistato, così fortemente desiderato.

Le musiche dei Sigur Rós scandiscono il secondo atto: un letto, Susan e il suo compagno, fisicamente vicini, spiritualmente lontani, parlano per la prima volta dopo anni di abitudine e convenzionalità di rapporti, con la fondamentale complicità dei loro alter ego, che con pungente ironia spingono i due amanti al confronto. Susan è libera di ricordare Susan bambina, la malattia, il dolore e soprattutto le passioni. Le due metà del letto, irrimediabilmente scisse, si allontanano così come si allontanano i due amanti, per non incontrasi più.

Finalmente Susan, stretta nella morsa del dolore e dei rimpianti, icasticamente rappresentata da una camicia di forza, si libera e si concede alle passioni, in un catartico ballo in maschera.

Nel finale tutti i protagonisti sulla scena si fanno portavoce di una personalissima morale, che non tenta di convincere e si professa universale, ma induce e stimola alla riflessione come, secondo i dettami aristotelici, un’opera teatrale dovrebbe fare. Eccellenti gli attori. Maria Concetta Tatulli, che interpreta Susan, è un concentrato di potenza ed energia, con la rara dote di coinvolgere con parole, canto e danza lo spettatore, che partecipa delle sue stesse emozioni; Federica Monte, alter ego di Susan, si impone sulla scena incarnando perfettamente una coscienza ossimorica al contempo sarcastica, prepotente e delicata che, in fondo, è quella di tutti noi. Il compagno di Susan, Vincenzo Losito, riesce a comunicare la tensione emotiva di un amante consapevole della fine di una storia, ma ancora fortemente ancorato ad essa; infine, il suo alter ego, Pino Matera, calibra sapientemente la moderazione tipica dell’autocoscienza e la spinta verso la libertà, che il compagno di Susan, difficilmente riesce a conquistare autonomamente.

L’Associazione Culturale Tina Clemente ripropone, sul palcoscenico del teatro Tommaso Traetta di Bitonto una kermesse operistica, nella quale saranno rimessi in scena tre dei suoi lavori più importanti. Ha inaugurato l’evento, sabato 12 maggio, “Scritto su pietra”, musical maestoso nelle coreografie, imponente nelle scenografie, il cui titolo allude inequivocabilmente alle leggi che Dio dona a Mosè, scolpite sulla pietra e monito perenne per l’umanità.  L’evento si concluderà oggi, 14 maggio ore 20,30, con “Shakespeare tra parole, musica e danza” che,  attraverso la commistione di recitazione coreografia e musica, fonde  Romeo e Giulietta, Otello e Amleto, ripercorrendo e omaggiando l’opera del grande drammaturgo inglese.

L’Associazione, che promuove l’arte e il teatro e forma nuovi e validissimi talenti, devolverà il ricavato degli spettacoli alla Casa Famiglia istituita dalla Parrocchia-Convento San Leone Magno di Bitonto.

Giuseppe Del Buono