La lezione di cinema  parte dalla sua storia  di addetto ai lavori: Borg inizia a lavorare 17enne come tuttofare a servizio dei grandi nomi del cinema italiano, Dino Risi, Ettore Scola, Federico Fellini.  Nel 1991 c’è stato l’incontro con la major e da allora la sua carriera è stata in salita. Come distributore per l’Italia il suo ruolo è quello di scegliere quali saranno i film che qui saranno distribuiti, pensando di incontrare i gusti del pubblico. Ogni nazione è un caso a parte, “in Francia e da noi il pubblico rifiuta le commedie americane con i giovani attori, in Germania funziona il fantasy mentre la Spagna è un ottimo territorio dove testare i film gialli e horror”.

Per Borg, il cinema italiano è in difficoltà: “Nel 2011 sono stati venduti solo 108 milioni di biglietti, contro i 215 milioni in Francia”. Il problema è sia infrastrutturale,  “mancano gli schermi, solo 3.800 rispetto ai 5.500 dei francesi”, che di costume. Se all’estero si va al cinema per il cosiddetto “effetto-branco”,  il cinema è l’appuntamento e il film un dettaglio, in Italia succede il contrario, si va al cinema perché c’è un film che interessa.

A complicare la situazione c’è la crisi economica: “Da cinque anni manca la voglia di andare a cinema, c’è la crisi, la gente non può sostenere il costo del biglietto e i gestori non possono abbassare più di tanto il costo del biglietto”.  Per sopperire a questo si  sta pensando a pacchetti promozionali o a ridisegnare le logiche distributive  per “dare la possibilità alla gente di andare al cinema anche d’estate, perchè chiudere le sale a maggio e riaprirle a settembre non ha più senso”.

Inoltre, ci sono “troppe sale da Roma in su e troppo poche nel Mezzogiorno. Dobbiamo puntare sulla digitalizzazione di massa, per ridurre i costi in Italia siamo al 50% e vanno ancora digitalizzati 1800 schermi”. Per farlo i distributori danno dei contributi agli esercenti, perché passare dalla riproduzione della pellicola al digitale costa tra i 50 e i 60 mila euro”.

 

Dominga D’Alano