Il Pentamerone dell’attore putiganese è rivisitazione de Lo cunto de li cunti, opera del 1634 -composta dal napoletano Giovan Battista Basile- a buon diritto considerata la prima raccolta scritta di fiabe europee della tradizione orale. Temi e personaggi comuni che viaggiarono nelle corti come intrattenimento burlesco a dar vita poi, tra ‘700 e ‘800, a favole celebri a livello mondiale, per mano di Perrault prima, dei Grimm poi, da Cenerentola alla Bella addormentata.

Panaro mette in scena, aiutato da una mimica eccezionale, un trionfo barocco di lingua e posture, narrando i cunti di Basile che Italo Calvino, nell’introduzione a Fiabe Italiane, non esitò a definire “il sogno di un deforme Shakespeare partenopeo”. Il Pentamerone messo in scena sulle tavole del Teatro Forma è riduzione di un’opera che contiene 50 favole a fare il verso, nella forma e nella struttura, al Decamerone di Boccaccio. Panaro ne sceglie alcune, con attenta cura a non cadere nel racconto già ascoltato, riportando al pubblico i tòpoi della fiaba di ogni tempo. Fondamentale a tal proposito la favola dell’orco che, in un tripudio di deiezioni e flatulenze -non a caso la cornice si apre con un  proemio dedicato al Vento- rende esilarante per il pubblico la figura dell’asino, presente in innumerevoli facezie popolari, che ha per portato scatologico ogni genere di oro e pietre preziose.

Streghe, orchi, re e fate sono i protagonisti dei racconti fiabeschi che, come nella tradizione, si accostano al popolo in una sequela di insulti e improperi che i protagonisti del “recitar narrando” di Panaro, unica presenza recitante, si scambiano tra il piacere del pubblico e il racconto che procede spedito verso il finale, chiuso sempre da un proverbio a far da morale.

Giuseppe Del Buono