Si chiude il processo che ha visto coinvolto Donald Trump e la scrittrice Jean Carrol. Il Tribunale di Manhattan ha emanato il suo verdetto: Trump è accusato di aver aggredito sessualmente e diffamato la scrittrice Jean Carroll nel 1996, in un camerino di un grande magazzino di lusso. “Non ho assolutamente idea di chi sia questa donna, questo verdetto è una vergogna, una continuazione della più grande caccia alle streghe di tutti i tempi”, ha commentato ieri Trump sul social Truth. L’ex presidente Usa dovrà pagare 5 milioni di dollari di risarcimento alla scrittrice, 3 per l’aggressione e 2 per la diffamazione; è il primo ex presidente condannato per abusi sessuali. Il tycon mercoledì 17 maggio dovrà difendersi nella sua prima sentenza pubblica. All’indomani della condanna Trump ha rilasciato un’intervista ai microfoni di Fox News: “Faremo appello, siamo stati trattati molto male da un giudice (Lewis Kaplan) che è stato nominato da Bill Clinton”.

Che cos’è successo nel 1996

Sono qui perché Trump mi ha violentata“, queste le accuse pronunciate da Carroll davanti alla giuria. All’epoca Carroll era una giornalista di Elle e ha conosciuto l’ex presidente degli Stati Uniti tra il 1995 e il 1996 a una festa organizzata dalla moglie Ivana. Il tycon pare avesse chiesto alla donna di aiutarla a fare un regale. I due si recarono insieme al grande magazzino Bergdof Goodmanm e Trump, dopo aver avuto un atteggiamento gioviale, le ha ordinato di provarsi un body grigio-blu. Carroll ha raccontato che quando si sono diretti verso il camerino la situazione è cambiata radicalmente. “Ha immediatamente chiuso la porta e mi ha spinto contro il muro. Mi ha spinto così forte che la mia testa ha sbattuto. Ero estremamente confusa – ha raccontato -. Lo ho allontanato e lui mi ha spinto di nuovo contro il muro, facendomi sbattere di nuovo la testa. Si è chinato verso il basso e mi ha tirato giù le calze con forza. Continuavo a spingerlo indietro. Era abbastanza chiaro che non volevo che succedesse nient’altro”. La donna ha spiegato di essere riuscita a scappare dopo averlo colpito con una ginocchiata.

“Mi ha rovinato la reputazione”

Carroll non ha ha subito denunciato quell’episodio, perché credeva fosse colpa sua, ma ha spiegato che da quel giorno non ha mai avuto più relazioni con nessun’altro. “Ho continuato a presentarmi come una donna forte e invincibile ma nel privato la vera Jean non era certo una cheerleader”.  Tutta la vicenda è venuta fuori nel 2019 in contemporanea all’uscita del suo libro nel quale la vittima ha parlato dell’accaduto. La sua vita è poi diventata un inferno: Carroll fu licenziata da Elle nonostante avesse una delle rubriche più lette del magazine e fu oggetto di persecuzioni e discreditamento da parte di Trump e del suo staff. “Mi ha rovinato la reputazione, nessuno più ha guardato e considerato più come prima. Anche chi mi conosceva ha pensato che fossi una bugiarda. Sono stata travolta da un odio sconcertante”.

“È una vittoria per tutte le donne abusate ma mai credute”

La giuria non ha creduto alla versione di un probabile stupro ma sull’aggressione sessuale. Quando le chiesero se si fosse pentita di averlo accusato, Carroll ha risposto di sì. Mi sono pentita almeno 100 volte, ma, alla fine, aver ottenuto questo giorno in tribunale ripaga di tutto. La sua confessione è infatti una vittoria non solo per se stessa, ma per tutte quelle donne abusate a cui nessuno ha mai creduto. “Ho fatto causa a Donald Trump per riabilitare il mio nome e riprendermi la mia vita. Oggi il mondo conosce finalmente la verità”, ha concluso Carroll. Certamente fine di questo processo, durato due settimane, lascerà una macchia indelebile sull’immagine di Trump e nei suoi rapporti con le donne.