Antonio Musca, luogotenente in servizio presso la Polizia Giudiziaria dei Carabinieri di Lecce, aveva solo 56 anni prima di spegnersi a causa di una polmonite interstiziale molto aggressiva provocata dal Covid, contratto per la seconda volta nel giro di pochissimi mesi.

“Non ci posso credere, sono quelle notizie che uno non vorrebbe mai sentirsi dire”, fa fatica a trattenere la commozione uno dei suoi colleghi. Il 56enne, originario di Galatina, era già stato colpito dal virus in passato, da cui si era negativizzato senza problemi, e si era anche sottoposto a tre dosi di vaccino, ma purtroppo questo non è bastato. Il Covid lo ha colpito ancora a distanza di pochissimo tempo in maniera molto più violenta, costringendolo al ricovero presso il Policlinico di Bari, dove l’equipe medica le ha tentate tutte pur di salvarlo.

Antonio non era un Carabiniere qualsiasi, ha speso la sua vita stando sempre in prima linea, lottando dal 1998 la criminalità e in particolare i clan che dominavano e si spartivano le piazze salentine, prima con l’allora Procuratore capo Cataldo Motta, poi al fianco dell’aggiunta Elsa Valeria Mignone e, negli ultimi anni, nell’ufficio della sostituta procuratrice Roberta Licci. Musca era in pensione da qualche tempo, ma non aveva mai interrotto i rapporti con gli ambienti della Procura leccese con cui si teneva sempre in contatto.

“È stata una delle persone più autentiche e sincere che abbia mai conosciuto nel corso della mia vita di una generosità e di una autenticità fuori dal comune ma lo è stato ancora di più nella sua attività professionale nel corso della quale si è totalmente dedicato con una competenza al di fuori del comune, sempre riconosciutagli da tutti, colleghi, superiori e magistrati”. Così uno dei militari che hanno avuto l’onore di lavorare affianco ad Antonio per anni. Il 56enne, marito amorevole e padre esemplare, viveva lontano da sua moglie Alessandra e le sue due principesse Alisia ed Eliana, cercando, però, di raggiungerle ogni volta che se ne presentava l’occasione.