Due giorni dopo la sera del tragico evento, la Polizia, a seguito di un controllo all’interno del box dove 48 ore prima si era consumata la violenza sessuale di gruppo ai danni di una 13enne, ritrovò un top reggiseno appeso ad un muro come una sorta di trofeo, sopra una scritta “mafia”. Difatti, secondo quanto raccontato dalla vittima, terminata la violenza sessuale, mentre cercava di rivestirsi, le sarebbe stato impedito di recuperare l’indumento. I tre ragazzi accusati, due 19enni e un 20enne, sono agli arresti domiciliari con l’accusa di violenza sessuale e cessione di stupefacente aggravata. Sarebbe spuntato un quarto soggetto, indagato per false informazioni dichiarate al pm.

Dopo le 21:00 del 23 ottobre scorso, la ragazza e i tre carnefici, entrarono all’interno di un garage. La 13enne, stordita dall’effetto dell’hashish che i ragazzi le hanno consigliato di fumare, accusa giramenti di testa e si accascia su un divano. É in questo istante che i tre ventenni l’afferrano e la costringono a subire violenze sessuali, minacciandola che se avesse opposto resistenza l’avrebbero ammanettata. La vittima racconta che i tre non si sarebbero fermati neanche di fronte alle sue suppliche e richieste di non essere toccata. Si descrive “assente come una bambola o un manichino” e spiega che sarebbe stato impossibile divincolarsi a causa della superiorità fisica e del numero superiore essendo in tre, ma non solo: aveva, inoltre, il timore di essere picchiata. Al termine del tragico evento, sarebbe sopraggiunto sul posto uno degli amici del branco che, all’esterno del box, avrebbe “tranquillizzato” la vittima spiegando che non era la prima volta che accadeva un fatto simile. Riaccompagnata in centro città da uno dei tre indagati, una volta rientrata a casa, la 13enne avrebbe raccontato tutto ad un’amica.

Il giorno successivo all’accaduto, uno degli indagati l’avrebbe contattata cercando di convincerla del contrario di quanto fosse accaduto: “Ti ho chiesto vuoi scendere? Sei andata e hai detto sì…poi quelli lo sai come sono…giustamente sono maschi, li conosci i maschi, non è che…pure tu hai provocato, dicamo…insomma hanno fatto quello che dovevano fare…tu poi ho visto che ti stavi…perché se tu dicevi di no…insomma non sai…dicevi andiamocene…gridavi un po’…andiamocene che siete impazziti…oppure aprivi la porta e te ne uscivi…”