
Nella giornata di ieri, 28 novembre, sono stati condannati al termine di un processo con rivo abbreviato 9 dei 33 imputati accusati di aver adescato circa 50 ragazze straniere, per lo più di nazionalità rumena, convincendole a trasferirsi in Italia e giurando loro che avrebbero trovato una vita migliore, per poi ridurle in schiavitù e costringerle a prostituirsi. Secondo l’accusa e il gup Paola Angela De Santis si tratterebbe di un vero e proprio racket gestito per anni da un gruppo di connazionali delle giovani, supportati dal punto di vista soprattutto logistico da alcuni cittadini italiani. Il giro di prostituzione pare avesse come sede operativa un appartamento nel centro di Bari. I 9 accusati sono stati condannati a pene tra i 4 anni e 4 mesi di carcere e i 16 mesi per il reato di sfruttamento della prostituzione e altri anche di associazione per delinquere.
Tra gli imputati condannati vi è Francesco Tesoro, di Noicattaro, alla pena di 4 anni e 4 mesi; Filippo Giliberto, 36 anni di Bari, e Antonio Spano, 47 anni di Grumo Appula, a 4 anni; Sabri Lahabazi, 30 anni, e Flamur Kalemi, 33 anni, a 3 anni e 4 mesi; Gabriel Pana, 39 anni, a 2 anni e 8 mesi; Carmelo Massimiliano Bianco, 47 anni di Bari, e Anamaria Varga, 34 anni, a 2 anni; Ionel Elvis Serea, 29 anni, a un anno e 4 mesi di reclusione. Tutti condannati dal magistrato anche a risarcire il Comune di Bari e la Regione Puglia, costituiti parte civile.
Attualmente vi sono altri 24 imputati a processo con rito ordinario, tra cui Marius Alin Ceaciru, 29 anni, detto “il principe” che si ipotizza sia il capo dell’organizzazione che avrebbe gestito l’intero giro di prostituzione, riducendo in schiavitù le giovani donne. Secondo la Direzione distrettuale antimafia sarebbe stato proprio lui ad avvicinare le ragazze dal “fragile profilo emotivo e psicologico“, mostrandosi sui social con macchine lussuose e calici di champagne, ostentando ricchezza e facendo pensare alle donne, anche minorenni, di poter donare loro una vita di agi in Italia. Si tratterebbe del cosiddetto metodo “Lover Boys”, che dà a queste donne l’illusione di potersi fidare per poi finire invece nella rete della violenza emotiva, manipolandole fisicamente e psicologicamente tanto da riuscire a farle prostituire e poi gestire i loro guadagni.
Stando alle ricostruzioni e alle testimonianze pare che una donna sia stata costretta a interrompere la gravidanza per 5 volte. Un’altra vittima è stata ricoverata in ospedale dopo aver ingerito 10 pillole abortive, così come ad un’altra ancora è stato proposto “prima di abbandonare il bambino in ospedale e poi di venderlo ad una coppia benestante”.
L’indagine sul racket nel capoluogo barese è iniziata nell’aprile scorso, portando all’arresto di 20 persone, alcune ancora detenute. Risale al marzo 2017 l’episodio di una delle giovani donne sfruttate investita da un’auto mentre tentava di scappare. Un’altra ragazza era stata aggredita e sfigurata dal suo “protettore” solo per essersi innamorata di lui e aver pensato di mettere su famiglia. “L’ho spaccata di brutto come non ho mai fatto fino ad ora, le ho demolito la faccia“, disse l’indagato in merito a quell’aggressione, frase emersa poi in un’intercettazione.