Le indagini della Procura di Bari sul caso Lerario proseguono. Dopo l’arresto per corruzione dell’ex dirigente regionale, Mario Lerario, qualche giorno fa, la casa del fratello, Tommaso Lerario, sacerdote cappellano dell’ospedale ecclesiastico Miulli ad Acquaviva delle Fonti, è stata perquisita. Tra le ipotesi degli inquirenti quella che il sacerdote possa aver custodito il denaro o i segreti del fratello; della perquisizione effettuata il 30 dicembre dalle Fiamme Gialle, è stata subito informata la Diocesi di Gravina-Altamura-Acquaviva delle Fonti, a cui fa riferimento don Tommaso nella sua qualità di cappellano dell’ospedale Miulli. Don Tommaso Lerario da circa un decennio lavora all’ospedale ecclesiastico di Acquaviva; possibile che abbia dispensato qualche favore; lo stesso Mottola nel corso del suo primo interrogatorio ha cercato di giustificare la consegna dei 20mila euro all’allora capo della Protezione civile regionale, come una sorta di regalo per aver ottenuto, grazie a don Tommaso, una visita alla moglie in breve tempo.

La Diocesi, guidata dall’arcivescovo Giovanni Ricchiuti, al momento sta valutando la posizione di don Tommaso, che ricopre un incarico delicato all’interno dell’Ospedale Miulli, estraneo all’inchiesta. Quanto agli interrogatori di Luca Leccese e Donato Mottola, entrambi agli arresti domiciliari, Leccese, affiancato dagli avvocati Gianluca Ursitti e Nicola Zingrillo, ha ammesso di avere consegnato a Mario Lerario 10mila euro, ma ha ribadito fermamente che si trattava di “un regalo di Natale, fatto all’insaputa del diretto interessato”. Stesso tipo di difesa per Mottola, assistito dagli avvocati Maurizio Tolentino e Giovanni Bruno e, dunque, per entrambi le difese si sono riservati di chiedere la revoca dei domiciliari. Al momento, però, nessuna istanza di scarcerazione è stata avanzata neppure da Mario Lerario, il quale si è sottoposto al primo interrogatorio di convalida davanti al gip e ad un secondo interrogatorio difensivo con il procuratore Rossi.