Se nel primo caso il Tar ha deciso di respingere la richiesta dei genitori, in questo i giudici hanno accolto le rimostranze della famiglia del ragazzo bocciato al primo anno di un liceo scientifico del Barese. La decisione, che va a contrasto con quella di qualche giorno fa, è stata presa perché il ragazzo non ha potuto effettuare i corsi di recupero a causa della didattica a distanza.

“La straordinarietà di un anno scolastico caratterizzato dalla non facile organizzazione di lezioni in una modalità inedita e tale da privare gli studenti del contatto indispensabile con docenti e habitat scolastico – sottolineano i giudici – può spiegare a sufficienza il carente profitto scolastico, da ricercare nelle problematiche connesse alla didattica digitale”.

In questo caso, spiegano i giudici “non sono rintracciabili elementi certi in ordine alla messa in atto, nei riguardi del minore, di iniziative finalizzate al recupero complessivo delle carenze nella preparazione. La mancanza di corsi di recupero o la non continua attivazione degli stessi – si legge nella sentenza – ha impedito al giovane discente di acquisire piena consapevolezza delle criticità nella preparazione maturata fino ad un certo punto, onde rimediare ad un profitto certamente non adeguato in alcune discipline, ma perpetuatosi a motivo delle oggettive difficolta? legate ad una modalità non ortodossa nello svolgimento delle lezioni, tanto più per un alunno di prima superiore”.

I giudici nel procedimento hanno accolto il parere del dirigente scolastico, contrario alla bocciatura. “A mio avviso non si doveva `bocciare´ nessuno quest’anno, per gli ovvi motivi che conosciamo: la dad/did non è assolutamente paragonabile a una didattica in presenza”.