Pene comprese tra i 7 anni e i 13 mesi di reclusione per sette imputati affilati al clan Capriati nel processo sulle estorsioni nei confronti di commercianti, falso e truffa ai danni della società Ariete che gestiva i servizi nel porto di Bari.

Sono queste le condanne sentenziate dal Tribunale di Bari. Le indagini hanno fatto emergere il controllo del clan all’interno del porto di Bari, grazie alla complicità di alcuni dipendenti.

Due gli assolti, tra i condannati spicca Sabino Capriati, figlio del boss Filippo, che dovrà scontare una pena di 13 mesi e che dovrà versare 500 euro per truffa, per essersi assentato più volte dal luogo di lavoro, e un ex funzionario dell’Agenzia delle Entrate, Emanuele Pastoressa, accusato di truffa per aver predisposto una verifica fiscale ad un imprenditore se non avesse pagato 50mila euro al clan. La condanna è di un anno e 10 mesi di reclusione.

Quella più alta, di 7 anni, è stata invece inflitta al pregiudicato Mario Ferrante per reati di droga con esclusione dell’aggravante mafiosa. Per lo stesso reato condanne anche per Fabio Colasante (1 anno e 4 mesi), Vito Antonio Cotrufo (7 anni e 4mila euro), Carmelo Recchia (4 anni e 7 mesi e 10mila euro).

L’ultima condanna, di 3 anni e 4 mesi, per Nunzia Loseto, che secondo le indagini ha estorto denaro e minacciato un commerciante di abbigliamento, sotto il nome dei Capriati.